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In Siberia è tornata alla luce una prima famiglia Neanderthal

Scritto da Leonardo Debbia il 03.12.2022

Per la prima volta un team internazionale, condotto dai ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, è riuscito a sequenziare in una remota comunità Neanderthal della Siberia un giusto numero di individui per definirne l’appartenenza ad uno stesso nucleo parentale. Una prima famiglia, insomma.

Tra questi, tredici sono risultati correlati e due, in particolare, sono stati indicati come un padre con la figlia adolescente.

L’utilizzo dei genomi di questo gruppo ha anche consentito di ricostruire un quadro generale sull’organizzazione della piccola comunità Neanderthal di cui facevano parte.

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Dai risultati ottenuti si può riconoscere che si tratta di un piccolo gruppo di parenti stretti, composto da dieci – venti membri, i cui vincoli parentali erano da attribuirsi probabilmente ad una migrazione attraverso le donne.

Una prima bozza del genoma dei Neanderthal era stata pubblicata nel 2010 e da allora i ricercatori del Max Planck avevano sequenziato altri 18 genomi da 14 differenti siti archeologici sparsi in tutta l’Eurasia.

Sebbene questi genomi abbiano fornito un discreto numero di informazioni sui tratti più generali della storia dei Neanderthal, restava tuttavia scarsa la conoscenza delle singole comunità.

Per studiare la struttura sociale dei Neanderthal si è quindi ricorso a più accurati esami nella Siberia meridionale, una regione che in precedenza è stata molto utile per la ricerca del DNA antico, inclusa la scoperta dei resti dei Denisova, tant’è che dal lavoro svolto proprio in quel sito apprendiamo che Neanderthal e Denisova vissero in quella regione per centinaia di migliaia di anni e che sicuramente interagirono tra loro, come testimonia il rinvenimento di un bambino con padre Denisova e madre Neanderthal.

Nel nuovo studio, i ricercatori si sono concentrati sui resti dei Neanderthal nelle grotte di Chagyrskaya e Okladnikov, che si trovano a 100 chilometri dalla grotta Denisova. I Neanderthal occuparono per poco tempo questi siti (circa 54mila anni) e molti loro resti, potenzialmente coevi, erano già stati recuperati dai rispettivi depositi.

Oggi, agli studiosi non è rimasto che recuperare il DNA da 17 resti di Neanderthal, che rimane il maggior numero di resti neandertaliani mai sequenziati in un singolo studio.

Negli ultimi 14 anni alcuni antropologi russi hanno poi prelevato dalla grotta Chagyrskaya centinaia di migliaia di strumenti in pietra e denti Neanderthal, che costituiscono forse il più grande deposito al mondo del genere.

I fossili della grotta di Okladnikov hanno confermato la presenza di resti animali e manufatti simili alla grotta di Chagyrskaya, supportando i dati genetici delle due località che dovevano evidentemente essere strettamente collegate.

Studi precedenti avevano mostrato che i Neanderthal vivevano sulle montagne dell’Altai molto prima, già 120mila anni fa, anche se i dati genetici dicono che i Neanderthal delle due grotte non sono discendenti da questi Neanderthal antichi, bensì più simili ai Neanderthal europei.

I 17 resti provenivano da 13 individui, (8 adulti e 5 bambini), suddivisi in 7 uomini e 6 donne.

Nel DNA mitocondriale sono state trovate diverse eteroplasmie tra gli individui, vale a dire varianti genetiche che persistono solo per un piccolo numero di generazioni.

Come anzidetto, tra questi resti sono stati trovati un padre e la figlia adolescente e una coppia di parenti di secondo grado, un ragazzo e una femmina adulta, forse una zia o una cugina.

L’insieme di eteroplasmie e di individui imparentati suggerisce che questi Neanderthal della grotta di Chagyrskaya. siano vissuti più o meno nello stesso periodo.

“Questo significa che molto probabilmente provenivano dalla stessa comunità e quindi, per la prima volta, si possono utilizzare i dati ottenuti per studiare anche l’organizzazione sociale di una comunità Neanderthal”, sostiene Laurits Skov, primo autore di questo studio.

Un’altra interessante scoperta riguarda la diversità genetica estremamente bassa all’interno della comunità. E questo fa pensare ad un gruppo di soli 10 o 20 individui, una percentuale che è coerente con una specie sull’orlo dell’estinzione.

Esaminando la diversità genetica, gli studiosi hanno scoperto che la differenza mitocondriale era molto più alta del cromosoma Y, osservazione che induce a ritenere che queste comunità fossero principalmente legate mediante una migrazione femminile tra gruppi.

Nonostante la vicinanza delle grotta di Denisova, sembra comunque che queste interazioni non abbiano coinvolto i Denisoviani.

Non sono state infatti trovate prove di un flusso genico dei Denisova nella grotta Chagyrskaya nel periodo in cui sopravvennero i Neanderthal.

“Il nostro studio fornisce un quadro concreto di una comunità Neanderthal”, afferma Benjamin Peter, uno degli autori della ricerca. “E, tutto sommato, li rende molto più umani”.

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