Le stelle come il nostro Sole sono particolarmente fotogeniche negli ultimi istanti della loro vita. A darne una testimonianza diretta è il Telescopio Spaziale Chandra della NASA che ha osservato da vicino l’agonia di una stella giunta ormai al termine della sua esistenza: NGC 2392. I risultati di queste ultime osservazioni sono in linea con uno studio pubblicato ad aprile nella rivista The Astrophysical Journal.
NGC 2392. (Crediti: Chandra).
NGC 2392 è soprannominata Eskimo Nebula, ed è una nebulosa planetaria che si trova a circa 4.200 anni luce dalla Terra. Ma parlare di nebulosa può essere ingannevole: le nebulose planetarie in realtà non hanno nulla a che fare con i pianeti, e si usa ancora questo termine poiché è diventato una specie di reliquia storica, introdotto agli inizi, quando gli astronomi pensavano che questi oggetti fossero dischi planetari.
Oggi sappiamo che le nebulose planetarie si formano quando una stella esaurisce tutto l’idrogeno nel suo nucleo. Un evento che il nostro Sole attraverserà tra circa 5 miliardi di anni: inizierà a raffreddarsi e ad espandersi, aumentando il suo raggio di centinaia di volte. Alla fine, gli strati esterni della stella verranno portati via dai venti ad una velocità pari a 50 mila chilometri, lasciandosi dietro solo un nucleo molto caldo, con una temperatura superficiale di circa 50.000 gradi Celsius.
Questo nucleo bollente espellerà i suoi strati esterni con venti molto più veloci, viaggiando a 6 milioni km all’ora. La radiazione dalla stella calda e l’interazione dei suoi venti velocissimi con quelli più lenti creano il guscio complesso e filamentoso della nebulosa planetaria. Alla fine, ciò che resterà della stella collasserà fino a formare una nana bianca.
Ora, gli astronomi utilizzando i telescopi spaziali sono in grado di osservare nebulose planetarie come NGC 2392 con un dettaglio e precisione che i loro antenati scientifici probabilmente non avrebbero mai potuto immaginare. L’immagine composita di NGC 2392 che vedete sopra contiene in viola i dati alla lunghezza d’onda dei raggi X – derivanti dal telescopio Chandra della NASA – e mostra la localizzazione dei gas bollenti in prossimità del centro della nebulosa planetaria. Invece, i dati ottenuti dal telescopio Hubble mostrano, in colore rosso, verde e blu, il pattern intricato che costituisce gli strati esterni della stella, poi espulsi. I filamenti a forma di cometa si formano quando i venti e i gusci di polvere ad una temperatura inferiore al nucleo interagiscono con la radiazione emessa dal centro della stella centrale provocando un’espulsione di materiali che ha questa forma caratteristica.
Come spiegare questa emissione elevata di raggi X? Le osservazioni di NGC 2392 facevano parte di uno studio di tre nebulose planetarie con gas roventi nel loro centro. I dati di Chandra mostrano che NGC 2392 ha livelli insolitamente elevati di emissione di raggi X rispetto agli altre due nebulose. Questa evidenza ha condotto i ricercatori ad ipotizzare che NGC 2392 possa avere un compagno invisibile: infatti, l’interazione tra una coppia di stelle binarie potrebbe spiegare agevolmente l’emissione elevata di raggi X.
Nel frattempo, l’emissione di raggi X più deboli osservata nelle altre due nebulose planetarie del campione – IC 418 e NGC 6826 – è probabilmente prodotta da fronti d’urto dei venti che raggiungono il centro stellare. Se questa sarà la sorte del nostro Sole è probabile che nessuno potrà testimoniarlo.