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Nuovi misteri sulla geologia della Luna

Scritto da Leonardo Debbia il 27.03.2015

L’Ente spaziale cinese (CNSA) ha inviato nel 2013 una sonda, la Chang’e-3, sulla Luna, dove si è sistemata senza problemi di sorta nel Mare Imbrium, uno dei più grandi crateri che, secondo l’opinione più diffusa, sarebbe stato riempito da eruzioni laviche circa 3,8 miliardi di anni fa.

Il rover trasportato, chiamato Yutu, ha esplorato per qualche centinaio di metri l’area attorno alla sonda, quindi ha iniziato le rilevazioni e gli studi programmati, trasmettendo a Terra immagini e analisi del suolo lunare.

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La sonda Chang’e-3 ripresa da Yutu, il suo rover (fonte: Wikipedia)

I risultati hanno fatto in modo che la conoscenza della geologia lunare si sia arricchita non poco, mostrandosi alquanto più complessa di come si fosse finora ritenuto, con la scoperta dei nove strati di lave a diversa composizione che formano la crosta in quella zona.

Pare infatti che nel tempo si siano alternate effusioni di lave basaltiche a depositi di materiali piroclastici; prove, quest’ultime, di un’attività eruttiva a carattere esplosivo.

Dal punto di vista dell’evoluzione geologica, questo rappresenta qualcosa di nuovo, dato che fino ad oggi si riteneva che il raffreddamento del nostro satellite fosse avvenuto lentamente, escludendo qualsiasi attività di tipo esplosivo che, se verificatasi, presuppone degli accumuli di gas all’interno della massa lunare, facendo ipotizzare che il raffreddamento abbia seguito un diverso meccanismo da quello ipotizzato.

“Yutu ha consentito di accertare due cose essenziali”, afferma Long Xiao, ricercatore della China University of Geosciences a Wuhan. “Gli eventi vulcanici più importanti si sono verificati verso il termine del vulcanismo lunare e le eruzioni non sono state solo di tipo effusivo, bensì anche esplosivo”.

Qual è stato il meccanismo che ha innescato queste eruzioni violente?

Sulla Terra, l’attività esplosiva dei vulcani si può constatare nelle zone di subduzione, là dove una placca si immerge nel mantello o entra in collisione con un’altra.

Questo meccanismo prevede però l’esistenza di una tettonica a placche, di cui non c’è alcuna traccia sulla Luna.

Il meccanismo alla base di queste esplosioni è quindi tutto da chiarire.

Contemporaneamente ai risultati cinesi, giungono quelli pervenuti agli scienziati britannici dalla sonda Lunar Prospector, che hanno rivelato una nuova mappa del più insolito vulcano lunare, un vulcano al momento senza nome. Nella mappa viene segnalata una eruzione esplosiva che ha cosparso di detriti un’area molto più ampia di quanto si potesse mai pensare.

Il team anglosassone di geologi e astronomi dell’Istituto per la Cosmologia computazionale e del Dipartimento di Scienze della Terra presso l’Università di Durham, Regno Unito, ha infatti studiato un’area della Luna nel complesso vulcanico di Compton-Belkovich.

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Area di Compton-Belkovich in falsi colori. In rosso, il complesso vulcanico di 35 chilometri di diametro. In verde, l’area coperta dai detriti radioattivi emessi dall’ eruzione, che si estende per 300 chilometri (crediti: Jack Wilson et alii, Università di Durham)

Mappando il torio, elemento radioattivo eruttato dal cratere, gli studiosi hanno scoperto che, con l’aiuto della bassa gravità lunare, i detriti del vulcano sono stati in grado di ricoprire un’area delle dimensioni della Scozia, intorno ai 70mila chilometri quadrati.

L’eruzione, avvenuta 3,5 miliardi di anni fa, ha eiettato una quantità di rocce cinque volte più ampia del flusso piroclastico di roccia fusa e gas roventi che seppellì l’antica città romana di Pompei nel 79 d.C., secondo le stime dei ricercatori.

I dati utilizzati nello studio provengono, come anzidetto, dal Lunar Prospector della NASA, che per primo individuò il sito vulcanico nel 1999, quando rilevò un deposito isolato di torio in quella parte di Luna, tra i crateri da impatto Compton e Belkovich.

Fin dalla sua scoperta, il deposito era stato difficile a studiarsi perché è nascosto sotto i detriti da impatto meteoritico, ma Lunar Prospector ha rilevato i raggi gamma emessi dal torio, che possono attraversare anche un metro di roccia.

Gli studiosi sono rimasti sorpresi dalle dimensioni dell’eruzione.

“I vulcani dovevano essere comuni nelle prime fasi di vita del nostro satellite. Le eruzioni di lave viscose erano però rare e sono state rilevate solo in una manciata di siti”, afferma Jack Wilson, un ricercatore del team. “L’eruzione esplosiva di questa lava è sconosciuta altrove, sulla Luna, rendendo questo vulcano unico. Abbiamo rilevato che le rocce radioattive hanno raggiunto diverse centinaia di chilometri in una sola direzione”.

Che considerazioni trarre da queste notizie? Il vulcano individuato dal team anglosassone non è evidentemente unico e il carattere esplosivo delle eruzioni lunari è sicuramente tutto da accertare mediante ulteriori analisi e indagini, che quasi sicuramente gli scienziati avranno messo in conto per le prossime missioni sul nostro satellite.

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