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Molluschi con gusci più sottili a causa degli oceani sempre più acidi

Scritto da Leonardo Debbia il 24.06.2016

Stando ad un nuovo studio pubblicato dai biologi dell’Università di Chicago, i gusci delle cozze della California, pescate al largo delle coste di Washington negli anni Settanta del secolo scorso erano in media del 32 per cento più spesse rispetto agli esemplari che si raccolgono oggi.

Ma c’è di più. Pare che le conchiglie dei molluschi in genere, raccolte dai nativi americani tra i 1000 e i 1300 anni fa, avessero avuto gusci di spessori più consistenti, mediamente del 27 per cento in più, dei molluschi moderni.

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Sezione trasversale di un guscio di cozza che mostra il suo spessore. I fori mostrano i punti da cui dove sono stati prelevati i campioni per le analisi della composizione (crediti: Cathy Pfister. Università di Chicago)

 

Lo spessore dei gusci che è andato decrescendo progressivamente nel tempo, in particolare negli ultimi decenni, è probabilmente da mettere in relazione con le condizioni degli oceani a seguito dell’aumento di anidride carbonica atmosferica.

“Materiale d’archivio ereditato dai pescatori di un tempo, ora in possesso del Centro di Ricerca per le Culture Makah, ha consentito di documentare lo spessore del guscio delle cozze di un passato remoto”, afferma Cathy Pfister, docente di Ecologia ed Evoluzione all’Università di Chicago, autore leader dello studio che ne è scaturito e i cui risultati sono stati resi noti sugli Atti della Royal Society B.

Accenniamo, per inciso, che i Makah erano popolazioni indigene residenti nei territori dell’estremo nord-ovest degli Stati Uniti che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Abili marinai, pescatori e profondi conoscitori degli ambienti estremi prossimi all’Artico, il loro declino iniziò con l’arrivo degli Europei. I diritti di queste antiche popolazioni vengono tuttora garantiti da trattati stipulati fino dal 19° secolo con i governi degli Stati Uniti, per cui si cerca di mantenere attive strutture adeguate come il Centro di Ricerca citato.

Tornando allo stato attuale dei mari, c’è da osservare che da quando gli esseri umani bruciano i combustibili fossili gli oceani non fanno che assorbire gran parte del carbonio rilasciato nell’atmosfera.

Questo processo, a lungo andare, provoca l’acidificazione delle acque, un fenomeno ormai noto a tutti i livelli.

Cozze, ostriche e alcune specie di alghe incontrano così serie difficoltà nel produrre, in ambienti simili, i loro gusci di carbonato di calcio e i propri scheletri, diventando in tal modo i principali indicatori di quanto l’acidificazione degli oceani possa colpire la vita marina.

In studi precedenti, Pfister e colleghi avevano registrato una diminuzione del pH nelle acque circostanti Tatoosh Island, l’isola del Pacifico al largo della costa dello Stato di Washington.

Nel 2011 i ricercatori analizzarono ulteriormente gli isotopi del carbonio e dell’ossigeno prelevati dai gusci delle cozze che erano state raccolte dalle locali tribù Makah tra il 668 e il 1008 d.C. e dalle conchiglie raccolte dai biologi negli anni Settanta del secolo scorso.

Per il nuovo studio i ricercatori hanno confrontato gli spessori degli stessi gruppi di conchiglie.

In media, i gusci forniti dal Centro di Ricerca per le Culture Makah sono stati trovati più spessi del 27,6 per cento rispetto alle conchiglie moderne.

La diminuzione dello spessore sul lungo termine è probabilmente una risposta alla acidificazione degli oceani, ma i ricercatori tengono in considerazione anche altri fattori ambientali, inclusi i cambiamenti nell’offerta alimentare per le cozze, in particolare quella proveniente dal plancton.

Gli studiosi sottolineano che i loro risultati destano delle preoccupazioni anche per la capacità dei mitili della California di poter mantenere il loro ruolo di specie fondamentale in queste acque.

La diminuzione dello spessore dei gusci li rende infatti più vulnerabili per i predatori e più esposti ai disturbi ambientali. E’ una reazione a catena, perché il fenomeno potrebbe influenzare le interazioni con centinaia di altre specie di organismi che vivono nello stesso habitat dei mitili delle acque costiere intercotidali.

“La cozza della California è una specie comune lungo tutta la costa occidentale degli Stati Uniti e il suo destino è legato ad una ricca varietà di predatori, tra cui le stelle di mare e le lontre di mare, così come innumerevoli specie che fanno parte dello stesso habitat delle cozze”, afferma Pfister. “E’ necessario, quindi, che si conosca quanto più possibile come possano cambiare queste specie in relazione ai cambiamenti chimico-fisici degli oceani”.

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