Gaianews

Save the children: oltre un milione di bambini non superano il loro primo giorno di vita

Scritto da Chiara Pane il 09.05.2013

Oltre un milione di bambini non superano il loro primo giorno di vita. Questo è uno dei tristi risultati del nuovo report pubblicato dall’organizzazione internazionale per la tutela dell’infanzia Save the Children in occasione dell’imminente festa della mamma.

“State of the World’s Mothers report” è il titolo della quattordicesima relazione annuale sulla condizione di vita delle mamme in tutto il mondo. Ogni anno, quasi 3 milioni di neonati muoiono entro il primo mese di vita, la maggior parte per cause prevenibili. Più di un terzo di questi bambini muoiono durante il loro primo giorno di vita e questo rende il giorno della nascita il momento più rischioso, non solo per i neonati, ma anche per le madri. Come spiega la presidente dell’organizzazione e amministratrice delegata, Carolyn Miles: “La relazione di quest’anno è stata focalizzata sui neonati e questo ci ha portati a scoprire che il primo giorno di vita di un bambino è anche quello più pericoloso”. Ai microfoni del quotidiano Voice of America la presidente ha precisato: “Più di un milione di bambini muoiono il giorno stesso in cui nascono”.

neonato

Utilizzando il “Birth Day Risk Index”, ovvero l’indice che individua il tasso di mortalità durante il primo giorno di vita del neonato, Save the Children ha elaborato un elenco individuando i paesi in cui il tasso di mortalità infantile è più alto. In pratica su 176 paesi, quasi due terzi di tutti i decessi del primo giorno (673.000 su 1 milione nel 2011) si verificano in soli 10 stati. L’India si trova al primo posto seguita da Nigeria, Pakistan, China, Congo, Etiopia, Bangladesh, Indonesia, Afghanistan e Tanzania. Ad occupare i posti più bassi di questa classifica ci sono anche Somalia, Sierra Leone, Mali, Niger, Repubblica Centrafricana, Gambia, Nigeria, Ciad e Costa D’Avorio. I paesi che, invece, sono collocati nei gradini più alti sono Lussemburgo, Finlandia, Svizzera, Norvegia, Cipro e Giappone. Anche l’Italia è collocata fra i paesi con i tassi meno elevati di morti durante il primo giorno di vita.

Il divario fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo è quindi evidente anche rispetto ai tassi di mortalità neo natale. Difatti nelle due macro regioni dell’Africa sub-Sahariana e dell’Asia meridionale si registra l’80% dei decessi neonatali mondiali.

L’Africa Sub-Sahariana è quindi una delle regioni con il tasso più elevato di bambini morti durante le prime ore di vita, 12 morti ogni 1.000. Le statistiche sono impressionanti: si stima che nell’area dell’Africa sub-sahariana circa 397.000 bambini muoiono ogni anno durante il loro primo giorno di vita. Nella regione vive il 12% della popolazione mondiale, ma il 38% dei decessi durante il primo giorno di vita avvengono proprio in questi stati. Una delle cause che contribuisce agli alti tassi di mortalità del primo giorno di vita è la malnutrizione delle madri africane: il 10-20% delle donne sono sottopeso. Un’altra causa è dovuta alla giovanissima età di molte delle future mamme, costrette ai matrimoni precoci e che iniziano ad avere figli prima che i loro corpi siano completamente sviluppati: in Ciad e in Niger dove i matrimoni precoci sono diffusissimi, per esempio più della metà delle ragazze diventano madri prima di aver compiuto la maggiore età. Un’altra causa è da individuarsi nella carenza di assistenza sanitaria: in media, solo la metà delle donne dell’intera regione riceve assistenza qualificata durante il parto. In particolare in Somalia oltre il 74% delle donne in stato di gravidanza non viene sottoposta a nessun controllo sanitario; in Etiopia circa il 90% delle donne partorisce in casa senza alcuna assistenza; in Mali e Niger, rispettivamente il 13% e 17% delle donne partorisce da sola. Questi fattori contribuiscono agli altissimi tassi di mortalità della regione e ciò che è peggio è che molte delle morti potrebbero essere facilmente evitate grazie ad un’assistenza sanitaria adeguata.

L’Asia meridionale è l’altra regione del mondo in cui è più rischioso nascere. Si stima infatti che in questa zona circa 420.000 bambini muoiono ogni anno alla nascita. Nella regione è concentrato il 24% della popolazione mondiale e i bambini che muoiono durante il loro primo giorno di vita rappresentano il 40% rispetto al totale mondiale. Anche in questo caso le cattive condizioni di salute delle mamme e la malnutrizione sono alla base degli elevatissimi tassi di mortalità infantile. I neonati, infatti, nascono troppo piccoli e non riescono a sopravvivere. Le altre cause sono dovute alle nascite premature e alla mancanza di assistenza, anche qui molte delle donne partoriscono da sole e tanti neonati muoiono per complicazioni che potrebbero essere facilmente prevenute da un operatore sanitario.

Ciò che evidenzia il report è quindi l’assenza di personale adeguato che potrebbe evitare moltissime delle morti neonatali dovute a banali problemi, come la mancanza di respirazione alla nascita o infezioni che partorendo in luoghi adatti sarebbero facilmente evitabili. Carolyn Miles ha parlato di morti per “cose semplici”, come ad esempio le nascite premature. La presidente di Save the Children ha spiegato che bisognerebbe aumentare l’assistenza sanitaria nei luoghi in cui i bambini nascono, aumentando il numero degli assistenti sanitari che operano in prima linea, nei territori in cui non esistono adeguate strutture sanitarie. La presenza di persone che siano state adeguatamente formate per offrire supporto alla neo-mamma durante il parto è uno dei metodi che dimezzerebbe immediatamente le morti neonatali. Ad esempio la semplice pratica del massaggio agli arti e al tronco pongono in genere fine alla crisi di apnea di cui soffrono moltissimi neonati, ma la morte per asfissia uccide ancora circa 717.000 bambini ogni anno. La sola presenza di un’ostetrica o di un’infermiere addestrati ad aiutare i bambini a respirare immediatamente dopo la nascita, aiuterebbe a prevenire una delle principali cause di mortalità neonatale.

Save the Children ci tiene inoltre a precisare che non sono necessari interventi estremamente costosi per evitare queste morti. Un semplice metodo che eviterebbe moltissimi decessi è la cura del taglio del cordone ombelicale, che deve essere praticata con forbici sterili o una nuova lama di rasoio. Queste facili precauzioni eviterebbero molte infezioni, come meningiti e tetano, causate dall’ingresso di batteri nel corpicino del neonato proprio attraverso il taglio del cordone ombelicale, che provocano approssimativamente il 15 % delle morti dei neonati ogni anno.

Purtroppo però, nonostante le raccomandazioni siano semplici e anche poco costose, non vengono attuate nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, dove i tassi di mortalità neonatale rimangono elevati. Così l’organizzazione accusa una mancanza di volontà politica da parte dei leader di governo.

Save the Children però applaude alcuni paesi, dove negli ultimi anni si sono registrati importanti progressi nella riduzione del numero delle morti dei neonati. Fra questi figurano il Nepal, il Bangladesh e la Cambogia, che hanno dimostrato che soluzioni efficaci a questi problemi esistono e sono accessibili anche ai paesi più poveri. Con l’aiuto della comunità internazionale, questi stati si sono adoperati per formare nuove operatori sanitari, hanno rafforzato i loro sistemi sanitari, rimuovendo inoltre gli ostacoli finanziari e di altro genere che prevenivano l’accesso alla sanità alla maggior parte della popolazione. Sempre in Nepal, ma anche in Nigeria, l’uso di un disinfettante economico, la clorexidina, è impiegato per prevenire le infezioni dei bambini derivate dal taglio del cordone ombelicale. L’Etiopia, invece, ha annunciato il lancio di un programma che coinvolgerà migliaia di operatori sanitari nella lotta contro le infezioni dei neonati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA