Dumping, è questa l’accusa di un gruppo di società produttrici di fotovoltaico europee contro le concorrenti cinesi.
L’accusa è stata accolta dall’Unione Europea, che porterà avanti 15 mesi di indagini prima di decidere su come operare nei confronti delle aziende cinesi.
La concorrenza cinese in ambito di pannelli solari è spietata. Talmente aggressiva che negli Stati Uniti sono già stati approvati dei dazi sull’importazione per tutelare il mercato interno.
In Europa la situazione è diversa, ma la pressione cinese è talmente forte che il 25 luglio un gruppo di aziende, riunite sotto il nome di Eu Prosun ha presentato una denucnia alla Commissione Europea, la quale ha accettato la richiesta definendola come “La più importante denuncia mai ricevuta in materia di dumping.
“L’inchiesta durerà 15 mesi in totale, anche se è possibile imporre meccanismi di difesa commerciale in nove mesi, nel caso in cui ci siano prove sufficienti”.
“La denuncia ha mostrato sufficienti elementi di un possibile ‘dumping’dei prezzi da parte degli esportatori cinesi verso il mercato europeo, con danni per l’industria fotovoltaica europea. Di conseguenza, la commissione ha deciso che vi sono elementi sufficienti per aprire un’inchiesta in merito”, ha sottolineato la nota della Commissione Europea.
Le autorità di Pechino hanno però risposto in maniera preoccupata: “La Commissione europea ha deciso di lanciare un’inchiesta a dispetto dei ripetuti appelli della Cina a risolvere le differenze sui prodotti fotovoltaici attraverso la consultazione e la cooperazione”, ha dichiarato il ministero cinese del Commercio.
Ma neanche in Europa le posizioni sono omogenee. Infatti i rappresentanti delle aziende che lavorano e montano i pannelli solari provenienti dalla Cina avrebbero non pochi problemi. Si tratta di ben 300 mila posti di lavoro che rischiano di andare in fumo con un’eventuale nuova normativa.
Intanto Canadian Solar, uno dei principali produttori al mondo di moduli solari con siti produttivi in Canada e Cina dichiara “che la denuncia sulle esportazioni sottocosto presentata alla Commissione Europea nel mese di luglio da parte di alcuni produttori europei di moduli solari è infondata.
“Canadian Solar collaborerà con la Commissione Europea per dimostrare che le condizioni per l’imposizione di tariffe punitive non sono fondate.” è scritto in un comunicato.”Non esportiamo sottocosto. Quale società con una presenza globale, continueremo a dimostrare la nostra aderenza alle pratiche commerciali internazionali. Inoltre, in quanto azienda quotata sul listino NASDAQ, siamo totalmente trasparenti nei confronti dei costi di produzione e del costo di capitale”, dichiara Gregory E. Spanoudakis, Presidente delle Operazioni Europee di Canadian Solar.
“Ci auguriamo che la Commissione Europea riconosca che le misure protezionistiche non rappresentano né l’interesse dell’industria solare europea, né quello dell’Unione Europea stessa. La maggior parte delle aziende che opera in questo mercato ne uscirebbe sconfitta a causa di un’iniziativa guidata solo da pochi che perseguono interessi individuali”, aggiunge Spanoudakis.
Migliaia di aziende di piccole e medie dimensioni come installatori, sviluppatori di sistemi, ingegneri e tecnici di manutenzione, che compongono la spina dorsale del settore solare dell’Unione Europea, saranno colpiti dalle misure protezionistiche. La sopravvivenza dell’intera filiera sarebbe a rischio nel caso fossero introdotte delle tariffe punitive.