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Oltre 4000 sostanze finiscono negli alimenti dal packaging

I ricercatori: effetti ignoti e scienza, politica e parti interessate non fanno abbastanza per proteggere i consumatori

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 23.02.2014

Difficile immaginare i prodotti alimentari che acquistiamo nei supermercati senza la loro confezione di plastica o di altri materiali. Dopo il caso eclatante del Bisfenolo A gli scienziati iniziano a preoccuparsi della scarsa conoscenza sugli effetti e sui rischi per la salute delle sostanze chimiche utilizzate nel packaging alimentare. In un recente articolo alcuni ricercatori parlano di effetti ignoti e accusano scienza, politica e parti interessate di non fare abbastanza per proteggere i consumatori, scatenando un vivace dibattito.

imballaggi

Molta ricerca è necessaria, avvertono i ricercatori Jane Muncke, John Peterson Myers, Martin Scheringer e Miquel Porta, per capire l’effetto sul corpo umano e sullo sviluppo embrionale di almeno 4.000 sostanze chimiche utilizzate negli imballaggi e che potenzialmente ingeriamo a causa dello stretto contatto con i cibi.

L’articolo è stato pubblicato sul Journal of Epidemiology e Community Health.

I collegamenti tra gli imballaggi e diverse malattie sono oggi ignote e andrebbero esplorate con attenzione. Si parla non solo di cancro, ma anche di obesità, diabete e malattie neurologiche.

Il problema più grosso del packaging è che espone costantemente il pubblico a possibili minacce di contaminazione dei cibi, in quanto l’assunzione è costante. Un esempio calzante è quello del Bisfenolo A, una sostanza onnipresente fino a pochi anni fa anche nei biberon di plastica dei bambini. Solo dopo molti anni dalla sua adozione nelle materie plastiche come additivo, i ricercatori lo considerano il principale indagato in numerose malattie dello sviluppo sessuale maschile nel feto e nel calo di fertilità nell’uomo adulto.

I ricercatori nel corrente studio hanno rilevato che sostanze chimiche come la formaldeide, un potenziale cancerogeno, sono correntemente presenti in molti materiali di imballaggio, come la plastica utilizzata per le bottiglie di bevande gassate e le stoviglie.

Le sostanze possono penetrare nel cibo e portano ad un rischio di “esposizione permanente” a tali prodotti chimici, anche se non si conoscono ad oggi assolutamente gli effetti i questa esposizione.

I ricercatori accusano in parte anche i politici e le “parti interessate”, in questo caso le industrie, di non curarsi dei possibili effetti negativi sull’uomo. Il problema più grosso che invece deve affrontare la scienza è che non esiste un campione di popolazione umana esente dalla contaminazione.

Ma non sono mancate le critiche all’articolo.

Secondo un ricercatore australiano, il dottor Ian Musgrave, docente di farmacologia presso l’Università di Adelaide, per consumare la stessa quantità di formaldeide presente in una singola mela in modo naturale occorrerebbe “bere almeno 20 litri di acqua presente in una bottiglia di plastica”.

Jon Ayres, professore di Ambientale e Medicina Respiratoria presso l’Università di Birmingham, ha detto che gli scienziati hanno dipinto un quadro “allarmista”.

Ayres, riporta la BBC, non nega che l’assunzione di basse dosi di alcune sostanze potrebbe “in principio” essere nocivo, ma il problema è come riconoscere e quantificare gli effetti.

Un altro scienziato, Sir Colin Berry, professore emerito di patologia alla Queen Mary University of London, ha commentato sul Guardian: “Nessuna considerazione è stata fatta sui probabili benefici delle sostanze utilizzate negli imballaggi alimentari: prevengono le contaminazioni durante la manipolazione (batteriche e virali), impediscono la manomissione intenzionale e più semplicemente permettono di stampare informazioni sul prodotto, come la provenienza”.

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