Gli scienziati della Stanford University hanno annunciato di aver scoperto un modo per proteggere il sistema immunitario dall’ HIV inserendo dei geni di resistenza nelle cellule T.
I ricercatori della Stanford University School of Medicine, guidati da Matthew Porteus, hanno utilizzato un metodo di taglia e incolla in cui sono stati accoppiati i geni resistenti all’HIV con le cellule T, in modo da renderle in grado di impedire l’ingresso del virus.
Le cellule immunitarie sono infatti la “trincea” del virus una volta entrato nell’organismo ospite, e per questo è difficilissimo da debellare una volta che lo ha infettato. Il virus HIV entra tipicamente cellule immuni legandosi ad una delle due proteine di superficie: CCR5 e CXCR4. Tuttavia, alcune persone hanno una mutazione CCR5 che rende queste cellule resistenti al virus dell’HIV.
Porteus e il suo team hanno usato questa idea per creare un modo per redere queste due proteine inattive. Hanno usato una proteina che trova e aggancia il gene recettore della CCR5 e lo modifica per imitare le versioni mutate e inattive. Questo avviene facendo a pezzi il DNA responsabile per la sintesi della CCR5 e rimontandolo in modo innocuo.
Oltre a rottura in una sequenza di DNA del recettore CCR5, la squadra ha anche incollato tre geni resistenti all’HIV. Essi servono infatti a proteggere le cellule attraverso i due recettori, il CCR5 e il CXCR4. Questa tecnica è chiamata ad impilamento, dove più livelli di protezione vengono utilizzati per proteggere le cellule come una serie di trincee su un campo di battaglia.
Nei test di laboratorio, le cellule T con modificazioni genetiche singole, doppie e triple hanno effettivamente sviluppato una resistenza alla penetrazione del virus HIV.
Mentre le cellule T senza protezione venivano infatti infettate dal virus entro 25 giorni, come previsto le cellule con singola, doppia e tripla protezione erano molto più resistenti alle infezioni. Infatti, avevano 1200 volte più protezione contro l’HIV grazie al recettore CCR5 e 1.700 volte più protezione con il recettore CXCR4.
“Abbiamo inattivato uno dei recettori che l’HIV utilizza per ottenere l’ingresso nelle cellule T e abbiamo aggiunto nuovi geni per la protezione contro l’HIV, ottenendo così più livelli di protezione – ciò che chiamiamo impilamento”, ha detto Porteus. “In tal modo siamo in grado di utilizzare questa strategia per rendere le cellule resistenti ai due tipi principali di HIV.”
C’è ancora da lavorare per il team di ricerca. Occorre infatti comprendere l’impatto della modifica genetica in termini di sviluppo del cancro. In secondo luogo, le cellule T potrebbero non accettare la modifica genetica.
“E’ possibile che le cellule T con nuovo DNA non faranno esattamente quello che gli chiediamo di fare, ossia esprimere le proteine che ci servono per scatenare la protezione”, ha detto Porteus.
Ma non pensa che i due problemi siano insormontabili, anzi, li definisce “tecnicamente superabili”. Infine, ha aggiunto che il passo successivo dei ricercatori sarà quello di testare la strategia in cellule T prelevate da pazienti affetti da AIDS, per poi passare alla sperimentazione animale. Porteus spera di iniziare le sperimentazioni cliniche entro tre-cinque anni.