La chirurgia cranica è un trattamento terapeutico alquanto complesso, da eseguirsi anche oggi in ambienti asettici, con strumentazione chirurgica adeguata e farmaci indispensabili, sia durante che dopo l’operazione.
Esistono tuttavia prove recenti che nel Perù pre-incaico i guaritori praticavano trapanazioni del cranio – procedure che comportavano la rimozione di una parte della calotta cranica con un trapano a mano o uno strumento di raschiatura – già più di mille anni fa, per trattare tutta una serie di disturbi, dalla epilessia, ai traumi, alla pazzia, facendolo senza il beneficio dei progressi medici odierni.
Sottolineiamo che per ‘chirurgia antica’ si intende quella praticata dalla preistoria alla metà del XIX secolo, quando alla ignoranza e alle pratiche empiriche si aggiungevano due ostacoli notevoli, il dolore e l’infezione.
La pratica della trapanazione del cranio ha avuto comunque inizio nella preistoria, sia come metodo curativo che probabilmente anche con funzioni magico-religiose.
Decine di piccoli fori nel cranio di un paziente eseguiti da un guaritore peruviano di circa 900 anni fa- (crediti: Danielle Kurin)
Si iniziano a trovare prove di trapanazioni dal Neolitico, circa 10mila anni fa, in avanti, presso tutte le culture, ad ogni latitudine.
Dal Mesolitico (10mila anni a.C.) del Marocco, all’Ucraina, (7300 a.C.); dall’Alsazia (5100 a.C.) alla Francia e all’area danubiana, non tralasciando Cina e Medio Oriente, crani umani con analoghi segni ‘chirurgici’ sono stati scoperti un po’ ovunque.
Il rinvenimento italiano più antico è probabilmente il cranio di Catignano, in provincia di Pescara (4400-3900 a.C.).
Il continente americano è ricco di siti rappresentativi, localizzati soprattutto nella parte centrale del Sudamerica e più particolarmente nell’area peruviana.
E infatti, lavori di scavo nella provincia andina di Andahuaylas, in Perù, condotti da Danielle Kurin, bioarcheologa della UC Santa Barbara, California, hanno portato alla luce resti di 32 individui risalenti al 1000-1250 d.C. tra i quali erano evidenti 45 procedure di trapanazione del cranio.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista American Journal of Physical Anthropology.
Secondo Kurin la prima comparsa di trapanazioni negli altipiani andini del Centro-Sud americano è databile al Primo Periodo Intermedio (200-600 d.C.).
La tecnica era ovviamente primitiva – una serie di piccoli fori attorno al foro principale – non praticata ovunque, ma comunque ancora in atto ai primi anni del 16° secolo, quando venne cancellata dai Conquistadores spagnoli.
“Per 400 anni, fino al 1000 d.C., Andahuaylas faceva parte di una zona prospera all’interno di un impero conosciuto come Wari o Huari”, dice la studiosa. “Per cause ignote, l’impero crollò e il collasso, come sempre, arrecò molti problemi.”
Riguardo le condizioni di salute, le popolazioni fecero fronte con la trapanazione, impiegata contro la violenza, le malattie e le privazioni.
Kurin descrive varie pratiche e tecniche praticate in campo chirurgico.
“Qualcuno usava lo spianamento, altri il taglio o il trapano a mano. Sembra che si stessero cercando tecniche diverse, come oggi proviamo nuove procedure mediche”, asserisce. “Sperimentavano modi diversi per tagliare il cranio”.
Per un osservatore attuale un foro nella testa potrebbe rappresentare una forma di tortura; ma Kurin lo nega: attorno al foro si trovano segni di cure, rimedi a base di erbe, segni intenzionali di salvare la vita del malato o del ferito.
La studiosa ha effettuato sui resti datazioni al radiocarbonio e su involucri di insetti per determinare il tempo di esposizione prima che i crani venissero mummificati, e test multi-isotopici per ricostruire cosa i defunti avessero mangiato e da dove provenissero.
“Questo antico popolo, diretto precursore dei più illustri e conosciuti Incas, che non può parlare direttamente con noi, lo fa attraverso i crani dei defunti”, commenta la studiosa.
persino in tempi moderni errori invalidanti.