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Continua la ricerca delle basi genetiche della speciazione

Scritto da Annalisa Arci il 03.09.2013

ANN ARBOR – La speciazione, quell’insieme di processi e condizioni che causano la comparsa di nuove specie, gioca un ruolo chiave nell’Origine delle Specie di Darwin. Definito da Darwin il “mistero dei misteri” e concettualmente sviluppato da Ernst Mayr (1904-2005), il concetto di speciazione sembrava fondato su alcuni capisaldi indiscussi. Un nuovo studio comparso proprio ieri sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences intende mettere in discussione qualcosa su cui tutti sembravano essere d’accordo: l’isolamento riproduttivo.

La speciazione risulta dai due motori dell’evoluzione: la deriva genetica e la selezione naturale. La formazione di barriere riproduttive tra le popolazioni, che possono essere, ad esempio, geografiche  – una montagna, un  fiume o un ghiacciaio che separa fisicamente due popolazioni di animali o di piante – sovente sono correlate alla presenza di differenze genetiche tra le popolazioni. Tutti conosciamo i muli: i cavalli e gli asini possono accoppiarsi, ma la prole risultante è sterile. Riassumendo, le barriere riproduttive genetiche, ossia l’isolamento riproduttivo, sono una forza trainante della speciazione.

La maggioranza dei biologi evoluzionisti credeva che questa connessione fosse necessaria: ora, un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan ritengono sia possibile disinnescare questi due concetti (isolamento riproduttivo e speciazione): “la maggior parte della ricerca sulla formazione delle specie ha assunto che questi tipi di barriere riproduttive siano una delle principali cause di speciazione. Ma i nostri risultati non forniscono alcun supporto per questa tesi, e il nostro studio è in realtà la prima prova diretta di come queste barriere influenzano la velocità con cui le specie si formano”, ha spiegato Daniel Rabosky, professore al Dipartimento UM di Ecologia e Biologia Evolutiva.

Figura 4

Schema che spiega la speciazione nel noto caso dei “fringuelli di Darwin”.

Insieme a Daniel Matute, dell’Università di Chicago, Daniel Rabosky ha pensato che se gli ostacoli genetici alla riproduzione sono una delle principali cause della formazione di nuove specie, allora gli organismi stessi dovrebbero conservare una traccia di questo processo al livello dei geni. Per comprendere se vi sia davvero una base genetica che confermi la connessione tra l’isolamento riproduttivo e la speciazione, i due ricercatori hanno condotto un esperimento confrontando gli indicatori genetici dei tassi di speciazione in due popolazioni isolate di due specie distinte: un gruppo di uccelli e un gruppo di moscerini della frutta. I risultati sono stati sorprendenti.

Utilizzando stime evolutive ad albero dei tassi di speciazione di nove gruppi di mosche della frutta e di due terzi delle specie di uccelli conosciute, è stato possibile ottenere delle proiezioni che sembrerebbero confermare l’assenza di un collegamento diretto e causale tra i due fenomeni biologici in oggetto.  “Se questi risultati sono veri, ciò vorrebbe dire che la nostra comprensione della formazione di specie è estremamente incompleta, perché abbiamo passato così tanto tempo a studiare le cose sbagliate a causa di questa erronea supposizione che la principale causa della formazione di specie è la formazione di barriere riproduttive”, ha commentato Daniel Matute. 

Anche in questo scenario teorico, ossia se queste tesi dovessero essere confermate, è bene tenere presente che le barriere riproduttive sono ancora importanti sul piano esplicativo, ma solo ad un certo livello. Tutti i tipi di piante e animali oggi vivono insieme, nello stesso “luogo”, cosa che non sarebbe mai stata possibile senza la presenza di barriere riproduttive. MA parere di chi scrive, l’importanza di questo studio sta soprattutto qui: dobbiamo capire se le barriere riproduttive genetiche hanno giocato un ruolo importante nel modo in cui tali specie si sono formate, oppure se l’hanno giocato in seguito, in qualche altro momento dell’evoluzione. 

E’ probabile che la definizione di speciazione data da Ernst Mayr sia abbastanza ristretta, e che possa essere in qualche misura ricalibrata. Invero, soprattutto nell’ultimo decennio, la ricerca delle basi genetiche della speciazione ha condotto alla scoperta di una manciata di geni della speciazione, definiti come i geni che contribuiscono a isolamento riproduttivo tra le specie. Ciò nonostante, se i risultati di Rabosky e Matute verranno applicati su larga scala ad u n umero sempre maggiore di raggruppamenti naturali e taxa, i geni della speciazione probabilmente giocano un ruolo minimo nella formazione delle specie. 

Per ora gli studi condotti pavimentano la strada alla formazione di un’ipotesi abbastanza ragionevole sul fatto che il rapporto tra isolamento riproduttivo e speciazione sia più complesso di quello che sembra, e che una via possibile per chiarirlo sia quella genetica. Ma i dati sono ancora insufficienti per mettere in discussione una teoria così accreditata: insomma, per dirla in un modo caro agli amanti della storia della biologia, nella disputa tra Dawkins e Gould sembra avere la meglio un certo tipo di evoluzionismo à la Gould. 

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