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Metano rilasciato dalla calotta artica è più vasto e veloce del previsto

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 07.05.2010

ArticoLo scioglimento dovuto ai cambiamenti climatici di strati sottomarini di permafrost potrebbe rilasciare metano immagazzinato nei fondali

ALASKA – Una sezione del fondale del Mare Artico che contiene vaste quantità di metano congelato – uno dei gas che provocano l’effetto serra – mostra segni di instabilità e inizia a rilasciare nell’atmosfera il gas, stando alle ultime ricerche del team di ricercatori internazionali guidato dagli scienziati dell’Università dell’Alaska Natalia Shakhova e Igor Semiletov.

I risultati della ricerca, pubblicati il 5 marzo su Science, mostrano che il permafrost del Mare Artico a Nord Est della Siberia (East Siberian Arctic Shelf),  a lungo considerato una barriera impermeabile per il metano sottostante, inizia a perforarsi e a rilasciare grandi quantità di metano nell’atmosfera. Il rilascio anche solo di una frazione del metano conservato sotto quei fondali  potrebbe innescare un immediato riscaldamento dell’atmosfera.

“La quantità di metano che attualmente fuoriesce dall’East Siberian Arctic Shelf è comparabile con la quantità che viene rilasciata da tutti gli oceani della Terra,” dice la Shakhova, una ricercatrice all’UAF International Arctic Research Center. “Il permafrost sottomarino sta perdendo la sua capacità di essere un mantello impermeabile.”

Il metano è un gas serra 30 volte più potente dell’anidride carbonica. E’ rilasciato dal suolo precedentemente ghiacciato in due modi. Quando il materiale organico (che contiene carbonio) fissato sotto il permafrost si scioglie, esso inizia a decomporsi e attraverso processi anaerobici – cioè in assenza di ossigeno – rilascia metano. Il metano può anche essere presente nel fondo marino e venire rilasciato allo scioglimento del permafrost. Quest’ultima modalità può essere molto più importante di quella dovuta alla decomposizione.

L’ East Siberian Arctic Shelf è un’area ricca di metano che riveste più di 2 milioni di chilometri quadrati di Mare del Nord, quindi una superficie tre volte più grande della vicina tundra siberiana, che era stata considerata, prima di questo studio, come la principale sorgente di metano nell’Emisfero Nord. Le ricerche mostrano che l’ East Siberian Arctic Shelf sta già immettendo metano in atmosfera ad un ritmo di 7 teragrammi all’anno, che è più di quanto non stia facendo tutto il resto degli oceani della Terra. Un teragrammo corrisponde a 1,1 milioni di tonnellate.

“La nostra preoccupazione è che il permafrost sottomarino sta già mostrando segni di destabilizzazione,” dice Shakhova. “Se si destabilizzerà ulteriormente, le immissioni di metano non saranno teragrammi, ma qualcosa di molto più grande.”

Shakhova fa notare che i dati geologici indicano concentrazioni di metano nell’atmosfera variabili da 0,3-0,4 parti per milione durante periodi freddi fino a 0,6-0,7 parti per milione durante i periodi caldi. Le attuali concentrazioni medie di metano nell’Artico sono circa 1,85 parti per milione, le più alte degli ultimi 400.000 anni. Le concentrazioni nel tratto interessato dal fenomeno di rilascio sono ancora maggiori.

L’East Siberian Arctic Shelf è un territorio di frontiera nello studio del metano nell’atmosfera. La sua superfice è sottile, 50 metri o meno in profondità, in che significa che è stato alternativamente sotto o sopra il livello del mare, dipendentemente da come è variato il livello del mare nella storia della Terra. Durante i periodi più freddi, questo strato di ghiacci è un altipiano ghiacciato che non rilascia metano. Quando la Terra si riscalda e i livelli del mare salgono, questo strato ghiacciato viene sommerso dall’acqua marina, che è più calda di 12-15 gradi rispetto alla temperatura media dell’aria.

“Si pensava che l’acqua marina tenesse il permafrost dell’East Siberial Arctic Shelf perennemente congelato,” dice Shakhova . “Quindi nessuno considerava questa enorme area come un possibile emettitore di metano.”

“Questo studio è una testimonianza delle attente osservazioni e della cooperazione internazionale nella ricerca,” dice Henrietta Edmonds della Fondazione Nazionale delle Scienze americana, che ha parzialemnte finanziato lo studio. “L’Artico è un luogo difficile in cui stare e in cui condure ricerche, ma è importante continuare per comprendere il suo ruolo nel funzionamento dei processi climatici del Pianeta e il suo contributo ai cambiamenti climatici in atto. E’ importante capire la dimensione delle riserve – la quantità del metano intrappolato che potrebbe liberarsi – così come i processi che l’hanno tenuto intrappolato e quelli che controllano il suo rilascio. Ricerche come questa aiutano a capire meglio questi processi.”

Tra il 2003 e il 2008 i ricercatori hanno prelevato campioni di acqua a varie profondità e di aria a pochi metri sopra il livello del mare e fino a 2000 metri sopra l’oceano, sia nella stagione calda che in quella fredda. Le analisi hanno mostrato che più dell’80% delle acque profonde e e più del 50% delle acque superficiali avevano livelli di saturazione da metano più alte di 250 volte in estate e 1400 volte in inverno. Anche nell’aria era presente metano in quasi tutti i 100 campioni prelevati, molto superiori alla media. Queste analisi indicano che il metano non solo si sta sciogliendo nell’oceano, ma ha iniziato a fuoriuscire nell’atmosfera.

Queste conclusioni sono state confermate quando Shakhova e i suoi colleghi hanno raccolto i livelli di metano ad alta quota. I livelli di metano nell’Artico sono usualmente dall’8 al 10% più alti del livello medio globale. Quando gli scienziati sono volati sopra il ghiaccio artico, hanno scoperto che i livelli erano dal 5 al 10% più alti della già elevata concentrazione dell’Artico.

L’East Siberian Arctic Shelf, oltre a contenere grosse quantità di metano, desta anche preoccupazioni per la sua sottigliezza. In acque profonde, il gas metano ossida, trasformandosi in anidride carbonica, prima di raggiungere la superficie. Nello strato di ghiacci dell’East Siberian Arctic Shelf, semplicemente non ha tempo di ossidarsi e viene rilasciato nell’atmosfera.  Questo può aggiungere una variabile inaspettata nei modelli climatici.

“Il rilascio in atmosfera di solo l’1% del metano che si pensa sia contenuto nel sottile strano di depositi organici potrebbe alterare l’attuale contenuto del gas in atmosfera da 3 a 4 volte,”  dice Shakhova. “Le conseguenze per il clima sono difficili da predire.”

Shakhova, Semiletov e collaboratori da 12 diverse istituzioni di 5 paesi hanno pianificato di continuare i loro studi nella regione, tracciando le sorgenti di metano e prelevando nel fondo marino campioni di permafrost, per capire meglio quanto metano vi sia imprigionato.

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