I satelliti spaziali hanno osservato dei cambiamenti nelle superfici terrestri, esattamente nelle latitudini settentrionali, che rivelano lo scongelamento parziale del permafrost. Il permafrost infatti sta già iniziando a rilasciare gas a effetto serra in talune zone dell’Artico, esacerbando gli effetti del cambiamento climatico. Questi i dati pubblicati dall’Agenzia Europea Spaziale, direttamente dalla sede di Parigi il 27 di marzo.
Il permafrost è un terreno che rimane a temperatura uguale o inferiore a 0 °C per almeno due anni consecutivi e che di solito appare nelle aree ad alte latitudini come l’Alaska,la Siberia e la Scandinavia settentrionale, o ad alta quota come le Ande, l’ Himalaya e le Alpi. Circa la metà del carbonio organico sotterraneo del mondo si trova nelle regioni settentrionali del permafrost. Questo è più del doppio della quantità di carbonio presente nell’atmosfera sotto forma di gas serra, biossido di carbonio e gas metano. Gli effetti del cambiamento climatico sono più gravi e rapidi nell’Artico, causando appunto lo scongelamento che in questa fase rilascia i gas esacerbando gli effetti del cambiamento climatico.
Il permafrost non può essere misurato direttamente dallo spazio, ma molteplici fattori quali la temperatura della superficie, la copertura del suolo e dei parametri della neve, dell’umidità del suolo e le variazioni del terreno possono essere invece catturate dai satelliti.
L’utilizzo dei dati satellitari come quelli dell’Envisat dell’ESA, insieme ad altri satelliti di osservazione della Terra e alle misurazioni sul campo ad alta intensità, consentono alla comunità di ricerca di ottenere una visione completa dei fenomeni che accadono attorno al permafrost.
“Combinando le misurazioni sul campo con tecniche di telerilevamento è possibile migliorare la nostra comprensione dei processi complessi del permafrost e completare quindi le proiezioni del rapporto sul clima del futuro “, dichiara il dottor Hans-Wolfgang Hubberten, capo dell’Unità tedesca dell’ Alfred Wegner Institute Research e Presidente della Associazione Internazionale Permafrost.
Il mese scorso, oltre 60 scienziati del permafrost e specialisti di osservazione della Terra si sono riuniti per il Terzo Workshop “User Permafrost” presso l’ Alfred Wegener Institute di Potsdam, in Germania, per discutere le loro ultime scoperte.
“I prodotti sono già disponibili per fornire ai ricercatori importanti set di dati che possono essere utilizzati in aggiunta ad altri dati osservativi per il clima e la modellistica idrologica”, ha detto il dottor Leonid Bobylev, il direttore del Centro Nansen a San Pietroburgo.
“Tuttavia, per studi sui cambiamenti climatici e in particolare per la valutazione delle prestazioni dei modelli climatici è essenziale ottenere una serie temporale più lunga e approfondita di dati satellitari e di osservazione. Pertanto, le misure relative al permafrost dovrebbero proseguire nel futuro e ampliarsi costantemente.”
ESA continuerà a monitorare il permafrost con il suo satellite Envisat e co il satellite Sentinel per il monitoraggio globale europeo per l’ambiente e la sicurezza (GMES).