Se sulla Terra si disponesse di un’area che avesse le condizioni ambientali del suolo di Marte, per capire se fosse possibile l’esistenza di qualche forma di vita, non occorrerebbe affidarci ad esperimenti robotizzati , eseguiti ‘in loco’.
Ma esiste qualche luogo sul nostro pianeta dove sia possibile esistano condizioni ambientali simili a quelle marziane?
Jackie Goordial, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze delle Risorse naturali della McGill University, di Montreal, Canada, ha provato a cercarlo, trascorrendo gli ultimi quattro anni alla ricerca di segni di vita microbica attiva nel permafrost di uno dei luoghi più freddi, più antichi, più asciutti e inospitali della Terra, la Valley University, che si trova in Antartide, nella Terra Vittoria. Si tratta di una delle valli ‘senza neve’ e senz’acqua, del sistema denominato McMurdo Dry Valley, un luogo dove le condizioni di freddo asciutto estremo persistono da oltre 150mila anni.
La ragione per cui gli scienziati ricercano la vita in questa landa desolata del nostro pianeta è che il permafrost di questa regione è stato ritenuto il più simile alle condizioni del suolo esistenti nella regione polare settentrionale di Marte, presso il sito dove nel 2007 atterrò la sonda Phoenix Mars Lander.
“Eravamo sicuri di poter rilevare un sistema microbico che consentisse qualche forma di vita nel permafrost di questa valle, come eravamo riusciti a fare in altre regioni artiche e antartiche, sebbene a quote più basse”, dichiara Lyle G. Whyte, astrobiologo e supervisore di Goordial. “E’ difficile anche per noi dover constatare di aver raggiunto una soglia di freddo tale da non permettere l’esistenza di vita microbica”.
Il tentativo fatto in Antartide fa parte di un progetto di sperimentazione di un trapano di particolare durezza che si intende utilizzare per perforare il permafrost marziano.
La temperatura media giornaliera dell’estate antartica del 2013, anno della sperimentazione, era rimasta sui -14°C e non era mai salita al di sopra dello 0, cosa che ha reso molto difficoltosa la perforazione del permafrost.
Il team della McGill ha analizzato dei campioni prelevati da due pozzi scavati nel permafrost alle profondità rispettive di 42 e 55 centimetri dalla superficie, profondità che possono sembrare modeste ma che sono difficili da raggiungere, nella perforazione del permafrost.
“Se la sonda si ferma accidentalmente, il foro si ricongela in pochi secondi e trattiene la punta”, dice Whyte. “Estrarla, diventa un’impresa!”
“Avevamo l’impressione che avremmo scoperto vita microbica in quella fredda regione. Finalmente avevamo a che fare con condizioni simili a quelle di Marte!”, afferma Chris McKay, del Centro di Ricerca Ames della NASA.
E invece, sul campo, i ricercatori non sono riusciti a trovare alcuna prova di anidride carbonica o di metano, che nel terreno sono associati ad organismi viventi.
Questa assenza è stata ulteriormente confermata dalle analisi in laboratorio.
Sono stati esaminati campioni di terreno alla ricerca di DNA, in particolare geni che avrebbero testimoniato le possibilità della presenza di funghi o batteri.
Si è cercato di stimolare la crescita di una vasta gamma microbica e di saggiare l’eventuale presenza di attività che i microrganismi coinvolgono, alimentando il terreno, per vedere se esistevano microbi attivi.
E’ stato tentato di tutto.
I test hanno dato tutti esito negativo. Non è stata trovata alcuna forma di vita attiva.
Goordial si rassegna. “Non sappiamo se vi possa essere un’attività oltre i nostri limiti di rilevamento. Tutto quello che abbiamo potuto sperimentare con i mezzi a disposizione, lo abbiamo fatto e quello che possiamo dire con certezza è che questo permafrost non ha paragoni sulla Terra”.
“Se le condizioni da noi riscontrate sono incompatibili con la vita sulla Terra, le condizioni più fredde della superficie di Marte ci fanno presumere che sia altamente improbabile che lassù ci sia la vita”, afferma Whyte. “Inoltre, se non siamo stati in grado di rilevare l’attività microbica sulla Terra, dove i microrganismi pullulano, sarà estremamente improbabile rilevare tale attività su Marte”.
La nota finale positiva è che gli eventuali microrganismi che, durante una missione, potrebbero per errore essere trasferiti dalla Terra, su Marte non avrebbero la capacità di sopravvivere e questo si traduce in un vantaggio per la protezione planetaria.