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La pigrizia fu forse la causa dell’estinzione di Homo erectus

Scritto da Leonardo Debbia il 20.08.2018

Una nuova ricerca archeologica dell’Università Nazionale Australiana (ANU) afferma che la specie Homo erectus – gli ominidi le cui origini sono attribuibili a 1,8 – 1,7 milioni di anni fa – ebbe una probabile spinta verso l’estinzione da una caratteristica che le fu fatale: la tendenza ad essere fondamentalmente ‘pigra’.

homo-erectus

L’ affermazione degli studiosi australiani non è azzardata ma è stata formulata sulla base di osservazioni scaturite durante uno scavo riguardante antiche popolazioni umane nella penisola arabica durante la prima Età della pietra, che ha messo in luce come Homo erectus avrebbe adottato una serie di ‘strategie di minimo sforzo‘ per la produzione di strumenti da caccia e attrezzi indispensabili per la raccolta delle risorse necessarie alla sua sopravvivenza.

La sua pigrizia si sarebbe manifestata specialmente in occasione della ricerca dei materiali più adatti per la fabbricazione di utensili.

Questa ‘pigrizia’ nella ricerca, che si concretizzava nell’incapacità di adattamento ad un clima che stava cambiando probabilmente ebbe un ruolo essenziale nell’evoluzione di quella specie, fino a portarla all’estinzione, secondo il dottor Ceri Shipton, ricercatore leader della School of Culture, History and Language presso l’ANU.

“Non ho avuto la sensazione che gli individui di H. erectus fossero esploratori che guardassero avanti, verso il futuro. Non avevano sicuramente lo stesso senso di meraviglia che possediamo noi”, sostiene il dr Shipton, che ritiene come questo risulti evidente dal modo in cui questa specie realizzava i propri utensili di pietra, raccogliendo sì le rocce che gli servivano, ma soltanto quelle che aveva ‘a portata di mano’, e tralasciando le più lontane e difficili da raggiungere.

“Per la realizzazione dei loro utensili – spiega Shipton – gli erectus non si allontanavano dai loro accampamenti, ma si servivano delle pietre che trovavano vicino a loro e che magari erano di una qualità inferiore rispetto a quelli utilizzati successivamente per una produzione analoga”.

“Nel sito che abbiamo esaminato, ad esempio, era presente un grande sperone roccioso, la cui pietra era di ottima qualità, ma che aveva il ‘difetto’, per questi pigroni di antenati, di essere situato su una piccola collina poco distante. Eppure, piuttosto che risalire questa collina, i nostri antichi progenitori si accontentavano di qualunque pietra fosse rotolata giù e fosse rimasta sul fondo, rinunciando ad arrampicarsi sull’altura per estrarre la pietra di migliore qualità. E non già perchè non apprezzassero i benefici della qualità; soltanto, pare che a loro non importasse più di tanto. Avranno pensato: perchè preoccuparsi? Ce n’è qui quanta ne basta!”.

Alla lunga, con i cambiamenti climatici e ambientali che incalzavano, questa specie fu messa a dura prova e, non riuscendo ad adattarsi alla rapidità dei mutamenti, fu avviata inesorabilmente verso il declino.

Il comportamento era in aperto contrasto con i costruttori di attrezzi in pietra delle epoche successive, dagli Homo sapiens ai Neanderthal, che invece scalavano le montagne per trovare pietra di buona qualità e trasportarla poi anche su grandi distanze.

Gli studiosi sono concordi nell’affermare che l’aumentata capacità di adattamento all’ambiente delle specie successive sia indubbiamente da mettere in relazione con la rapidità dell’evoluzione

del cervello, che fece in modo di rendere poi dominanti queste specie.

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