Gaianews

Houston, abbiamo un altro problema. Rischi per astronauti dai raggi cosmici

Uno studio dimostra che i viaggi nello spazio sono dannosi per il cervello

Scritto da Paolo Ferrante il 02.01.2013

Simulazione della missione su Marte con passeggiata. Crediti: ESACome se i viaggi nello spazio non fossero già abbastanza rischiosi, un nuovo studio uscito il 31 dicembre 2012 sulla rivista PLoS ONE dimostra che la radiazione cosmica – che bombarderebbe gli astronauti nelle missioni nello spazio profondo come ad esempio durante il tragitto per arrivare su Marte – potrebbe accelerare l’insorgenza dell’Alzheimer.

“La radiazione cosmica costituisce una grave minaccia per le future missioni degli astronauti nello spazio profondo”, ha detto Kerry O’Bannion, professore presso il Dipartimento di Neurobiologia e Anatomia dell’Università di Rochester Medical Center (URMC)  e autore dello studio. “La possibilità che l’esposizione alle radiazioni spaziali possano dare origine a problemi di salute come il cancro è da tempo riconosciuta. Tuttavia, questo studio dimostra per la prima volta che l’esposizione a livelli di radiazione equivalenti ad una missione su Marte potrebbe produrre problemi cognitivi e accelerare i cambiamenti nel cervello associati con il morbo di Alzheimer.”

Ma sulla Terra come facciamo a sopravvivere? Ebbene, sebbene anche il nostro pianeta ‘naviga’ in un mare di raggi cosmici e vento solare, il campo magnetico terrestre ci protegge dalle particelle cariche deviandone la maggior parte. Anche nell’orbita terrestre bassa dove ad esempio si trova la Stazione Spaziale Internazionale l’effetto protettivo del campo magnetico terrestre è ancora presente,

Tuttavia, gli astronauti che lasciano l’orbita terrestre sono esposti ad una doccia costante di diverse particelle radioattive. Sapendoin anticipo l’arrivo di ondate di particelle, gli astronauti possono schermarsi dalle radiazioni pericolose associate ad esempio alle esplosioni solari rifuciandosi dietro pannelli metallici abbastanza spessi. Ma ci sono anche altre forme di radiazione cosmica i cui effetti non possono essere completamente ed efficacemente bloccati.

Poiché questa radiazione esiste a bassi livelli, più un astronauta si inoltra nello spazio profondo, maggiore è l’esposizione. Questa è una grossa preoccupazione per la NASA, visto che l’agenzia sta progettando missioni con equipaggio verso un asteroide nel 2021 e su Marte nel 2035. Il viaggio di andata verso il Pianeta rosso, in particolare, potrebbe richiedere fino a tre anni.

Da oltre 25 anni, la NASA ha finanziato la ricerca per determinare i rischi potenziali per la salute dei viaggi nello spazio, nel tentativo determinare i rischi dell’invio di uomini e donne in missioni spaziali prolungate nello spazio profondo e per sviluppare le contromisure.

Da allora, diversi studi hanno dimostrato il potenziale effetto dei raggi cosmici sull’insorgenza di cancro, problemi cardiovascolari e muscolo-scheletrici. Lo studio pubblicato il 31 dicembre 2012 per la prima volta esamina il potenziale impatto delle radiazioni nello spazio sulla neurodegenerazione, e in particolare sui processi biologici che avvengono nel cervello legati allo sviluppo del morbo di Alzheimer. O’Bannion – la cui ricerca si concentra su come le radiazioni colpiscono il sistema nervoso centrale – e il suo team hanno lavorato con la NASA per più di otto anni.

I ricercatori hanno studiato l’impatto di una particolare forma di radiazione da particelle ad alta massa e ad alte cariche (HZE). Queste particelle – che si muovono attraverso lo spazio a velocità molto elevate e sono prodotte dall’esplosione di stelle – sono presenti in molte forme diverse. Per questo studio O’Bannion ha scelto le particelle di ferro.

Al contrario dei protoni (nuclei di idrogeno privi di eletrone), che sono prodotte dalle eruzioni solari, le particelle HZE come il ferro, a causa della loro massa maggiore e la loro elevata velocità, riescono a penetrare oggetti solidi come la parete e l’nvolucro protettivo di un veicolo spaziale.

“Poiché le particelle di ferro riescono a penetrare più efficacemente, è estremamente difficile da un punto di vista ingegneristico proteggere in modo efficace contro di esse”, ha detto O’Bannion. “Bisognerebbe avvolgere un veicolo spaziale, con pareti di piombo o cemento spesse un metro e ottanta.”

Una parete presso i laboratori dove si studiano le radiazioni spaziali presso il Brookhaven National Laboratory di Long Island.  e stata a questo scopo bombardata da particelle cariche prodotte dagli acceleratori di particelle del laboratorio, che sono in grado di riprodurre le particelle radioattive che si trovano anche nello spazio.

I ricercatori hanno in particolare voluto esaminare se l’esposizione alle radiazioni aveva il potenziale di accelerare gli indicatori biologici e cognitivi del morbo di Alzheimer, in particolare nei soggetti che potrebbero essere predisposti a sviluppare la malattia. Per fare questo si è scelto di studiare l’impatto su modelli murini del morbo di Alzheimer. Questi modelli sono stati ampiamente studiati per capire le modalità esatte con cui la malattia progredisce nel tempo.

Al Brookhaven, gli animali sono stati esposti a varie dosi di radiazioni, compresi i livelli paragonabili a quelli che gli astronauti potrebbero esperire durante una missione su Marte. Un team di ricercatori del Rochester – tra cui Jonathan Cherry, che è stato il primo autore sulla carta – hanno valutato l’impatto cognitivo e biologico dell’esposizione. I topi sono stati sottoposti una serie di esperimenti in cui dovevano ricordare oggetti o luoghi specifici. I ricercatori hanno osservato che i topi esposti alle radiazioni avevano una probabilità molto più alta di fallire questi compiti – suggerendo un danno neurologico – prima della comparsa dei sintomi dell’Alzheimer.

I cervelli dei topi hanno mostrato segni di alterazioni vascolari e un maggiore accumulo di beta amiloide, le proteine ​​che si accumulano nel cervello e provocano i danni tipici dell’Alzheimer.

“Questi risultati indicano chiaramente che l’esposizione alle radiazioni nello spazio sono in grado di accelerare lo sviluppo del morbo di Alzheimer”, ha detto O’Bannion. “Questo è un altro fattore che la NASA, che è chiaramente preoccupata per i rischi che corrono i suoi astronauti, dovrà tenere in considerazione quanto prevede di pianificare missioni future.”

© RIPRODUZIONE RISERVATA