Secondo una nuova ricerca dell’Università della California del Sud (USC), su Marte esiste una concreta possibilità della presenza di acque sotterranee profonde che, in alcune aree equatoriali, verrebbero alla luce in forma di correnti superficiali.
Le tracce della loro azione erosiva sarebbero testimoniate dalle incisioni osservabili sulle pareti dei numerosi crateri da impatto meteoritico presenti sul ‘Pianeta Rosso’.
Verso la metà dello scorso anno, una ricerca sostenuta dall’Agenzia Spaziale Italiana ha rilevato la presenza di un lago di acque profonde sotto le calotte polari dell’emisfero sud di Marte.
Ora, i ricercatori del Centro di Ricerca sul Clima e sull’Acqua della USC hanno ipotizzato che la presenza di acque sotterranee non riguardi solo le zone polari, ma un’area geografica più estesa, postulando l’esistenza di un sistema tuttora attivo, esteso in profondità fino a 750 metri, per cui le acque sotterranee avrebbero la possibilità di risalire in superficie attraverso fratture del sottosuolo marziano.
Essam Heggy, un membro dell’esperimento radar Mars Express ‘Marsis’, che sonda il sottosuolo di Marte e il co-autore Abotalib Z.Abotalib, ricercatore associato alla USC, hanno studiato le caratteristiche delle molteplici ‘linee di pendenza‘ visibili sulle pareti di alcuni crateri, che sarebbero interpretate come tracce dell’attività erosiva di acque scorrenti.
“In passato, gli scienziati avevano ritenuto che questa morfologia delle pareti dei crateri marziani fosse collegata a correnti d’acqua superficiali o sottostanti di poco la superficie”, afferma Heggy. “Oggi, noi proponiamo un’ipotesi alternativa: queste tracce possono provenire da una sorgente d’acqua sotterranea profonda che, sottoposta a grandi pressioni, farebbe risalire le acque in superficie attraverso fratture del terreno”.
“Abbiamo osservato che analoghi meccanismi si verificano nel Sahara e nella Penisola arabica e questo ci ha consentito di riconoscere una dinamica analoga su Marte”, aggiunge Abotalib Z. Abotalib.
I due studiosi hanno quindi concluso che le superfici interne di alcuni crateri testimonierebbero come l’acqua sarebbe potuta risalire da sorgenti sotterranee fino in superficie, sotto la spinta dell’alta pressione in profondità.
Queste sorgenti avrebbero così raggiunto la superficie, lasciando quei segni lineari caratteristici, nitidi e ben distinguibili, che si possono osservare sulle pareti dei crateri.
I due ricercatori spiegano anche come queste caratteristiche idrologiche mutino, in accordo con l’alternanza delle stagioni marziane.
Lo studio, che è stato pubblicato su Nature Geoscience, ipotizza inoltre che le acque sotterranee potrebbero essere più profonde di quanto si è pensato finora.
Le precedenti ricerche sulle acque sotterranee di Marte si basavano sull’interpretazione degli echi elettromagnetici provenienti dai segnali di rilevamento inviati dalle sonde Mars Express e Mars Reconnaissance Orbiter.
L’esperimento consisteva nel misurare il riflesso delle onde sia dalla superficie che dal sottosuolo marziano, ma non forniva alcuna prova dello scorrimento di acqua.
Gli autori di questo studio hanno utilizzato, invece, immagini e modelli ottici ad alta risoluzione per studiare le pareti dei crateri meteoritici, con l’obiettivo di correlare la presenza di fratture con eventuali sorgenti d’acqua.
Heggy e Abotalib, che avevano studiato a lungo – come detto sopra – le falde acquifere e il movimento delle acque nel sottosuolo terrestre, in particolare negli ambienti desertici, hanno trovato straordinarie similitudini nei meccanismi di movimento delle acque sotterranee del Sahara e di Marte.
Queste acque costituiscono una prova della somiglianza tra Marte e la Terra, facendo pensare ad un comune passato, ricco di periodi umidi abbastanza lunghi da consentire la formazione di un sistema di acque sotterranee tanto attivo.
“Capire l’evoluzione di Marte è cruciale per comprendere l’evoluzione sul lungo termine della Terra; e l’acqua sotterranea è un elemento chiave in questo processo”, dichiara Heggy.