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Tracce dei nostri antenati sul fondo marino, vicino alle coste

Scritto da Leonardo Debbia il 20.10.2014

E’ stata stilata una relazione da parte dell’European Marine Board (EMB), l’Organismo che raggruppa 35 paesi europei coinvolti nella Ricerca marina, in cui si raccomanda all’intera Comunità Europea di esplorare i fondali marini costieri e studiare gli insediamenti preistorici ancora rimasti, abbandonati dai nostri lontani progenitori.

Da qualche tempo, infatti, un team specializzato di ricercatori europei  è impegnato nello studio dei resti degli insediamenti umani preistorici, attualmente sommersi in prossimità delle coste dei nostri mari. Alcuni di questi siti sono andati sott’acqua decine di migliaia di anni fa.
La progressiva scoperta e l’esame di questi resti preistorici ha di fatto inaugurato un nuovo campo di studi, che è stato chiamato ‘Continental Shelf Prehistoric Research’ e che comprende varie discipline, dall’Oceanografia alle Geoscienze.

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A tale proposito, l’European Marine Board ha pubblicato un documento in cui si afferma che durante le ére glaciali che si sono succedute nell’ultimo milione di anni, il livello del mare è sceso a volte anche di 120 metri e l’area esposta della piattaforma continentale ha raggiunto anche il 40 per cento di superficie all’Europa, un terreno che è stato occupato da vegetazione, fauna e…esseri umani.

Di conseguenza, molti resti e reperti della preistoria d’Europa oggi sono ancora sott’acqua.

Considerando che i primi umani popolavano le coste del Mar Nero 1,8 milioni di anni fa, le coste settentrionali della Spagna oltre un milione di anni fa e le coste delle Isole Britanniche almeno 800mila anni fa, la porzione di terra ora sommersa comprende alcuni primi percorsi tracciati dai primi migranti che giungevano in Europa dall’Africa e aree geografiche tuttora ignote in cui vissero antichi gruppi umani nel corso delle glaciazioni.

Più di 2500 accumuli sommersi di artefatti preistorici, di età compresa tra i 5000 e i 300mila anni sono stati rinvenuti in acque costiere e nei bacini marittimi di acque basse un po’ovunque, in Europa, ma di questi, solo pochi sono stati mappati da subacquei e valutati per i relativi scavi o per l’estrazione e la conservazione dei reperti.

E pensare che questi resti contengono sicuramente informazioni sull’antica marineria, sulle strutture costiere e lo sfruttamento umano di quelle zone prima dell’avvento dell’agricoltura, vale a dire circa 10mila anni fa.

Per indagare sulla risposta degli uomini preistorici ai cambiamenti climatici, gli studiosi hanno dovuto ricostruire i rapporti tra i resti e gli antichi livelli del mare, avvalendosi anche di modellazioni sui movimenti dei ghiacci.

Il documento dell’EMB evidenzia che molti fondali preistorici sono purtroppo andati distrutti dall’erosione naturale o dall’antropizzazione, sottolineando che l’Europa sommersa andrebbe studiata prima sulla scala dei bacini marini, quindi a livello europeo, integrando poi i dati per una configurazione generale.

La ricerca attuale è scarsa e frammentaria e necessiterebbe di nuove figure di ricercatori che lavorassero in collaborazione non solo tra di loro ma anche con ingegneri, esperti del clima e di modelli computeristici.

Il gruppo di lavoro dell’EMB è composto da esperti di 11 nazioni europee e presieduto dal Dr Nicholas Flemming, del UK National Oceanography Centre e lo studio svolto è il frutto di un anno di intenso lavoro.

“Il nostro patrimonio culturale sommerso non è una risorsa rinnovabile”, afferma Jan Mees, presidente dell’EMB. “E’ un patrimonio unico che può fornire risposte a molte domande non solo sui nostri antenati preistorici, ma anche sui paesaggi e i climi del nostro passato”.

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