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I ghiacciai in Himalaya si sciolgono più rapidamente

Scritto da Leonardo Debbia il 30.06.2020

Un nuovo studio, guidato da Joshua Maurer, climatologo dell’Osservatorio della Terra ‘Lamont-Doherty’ presso la Columbia University, New Yok, mostra che lo scioglimento dei ghiacciai himalayani causato dall’aumento delle temperature medie dell’atmosfera, ha subìto una forte accelerazione dall’inizio del 21° secolo.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances dello scorso mese.

Dal momento che ospita circa 600 miliardi di tonnellate di ghiaccio, l’Himalaya è talvolta chiamato il ‘Terzo Polo’ della Terra.

Ghiacciaio di Hopar, in Pakistan

Ghiacciaio di Hopar, in Pakistan

Secondo studi recenti, due terzi dell’attuale copertura ghiacciata dell’intera regione sarebbe a rischio scomparsa entro la fine di questo secolo; ma, in realtà, va considerato che le osservazioni su cui si è giunti a questa conclusione sono state, di massima, frammentarie; focalizzate su brevi periodi, o su singoli ghiacciai o per determinate regioni.

Di conseguenza, questi studi hanno prodotto risultati controversi, sia per quanto riguarda le quantità delle perdite di ghiaccio, che le cause che le avrebbero provocate.

Il nuovo studio, al contrario, sintetizza i dati provenienti da tutta la regione, abbracciando un ampio periodo, dalle prime osservazioni satellitari ad oggi.

La sintesi indica che la fusione è coerente nel tempo e nello spazio e che la causa è l’aumento delle temperature, che comunque variano da luogo a luogo.

Maurer e il suo team hanno analizzato accuratamente immagini satellitari di circa 650 ghiacciai che si estendono per 2000 chilometri da ovest ad est. Molte delle osservazioni riferite al secolo scorso sono state invece rilevate dalle immagini fotografiche prese da satelliti spia statunitensi.

I ricercatori hanno così creato un sistema automatizzato che ha trasformato queste immagini in modelli tridimensionali, più adatti a mostrare le variazioni dei ghiacciai nel tempo.

Le immagini sono poi state confrontate con i dati ottici ottenuti dal 2000 in avanti da satelliti più sofisticati, che hanno trasmesso direttamente i cambiamenti in altezza.

E’ stato così scoperto che dal 1975 al 2000 i ghiacciai dell’intera regione hanno perso in media 0,25 metri di ghiaccio all’anno a causa del riscaldamento, senz’altro più modesto in quel periodo.

Dal ’90 in poi, invece, è stato registrato un incremento del riscaldamento; un cambio di passo con cui dal 2000 in avanti la perdita di ghiaccio ha iniziato a crescere di circa mezzo metro all’anno.

“E’ da sottolineare che la maggior parte dei ghiacciai non perde acqua liquida da tutta la superficie”, ha osservato Maurer. Lo scioglimento, si verifica maggiormente alle quote più basse, dove alcune superfici ghiacciate diminuiscono anche di circa 5 metri all’anno.

Riguardo le cause, alcuni ricercatori sostengono che ad influenzare i ghiacciai siano fattori diversi dalla temperatura e chiamano quindi in causa le precipitazioni, che sembrano essere in diminuzione su alcune aree, mentre pare aumentino su altre, con conseguenti squilibri nel bilancio crescita / diminuzione d’altezza della massa ghiacciata.

Altro fattore da non trascurare potrebbe essere individuato nella fuliggine proveniente da varie nazioni asiatiche che bruciano molti combustibili e biomassa, per cui le scorie prodotte e disperse nell’atmosfera andrebbero a ricadere su molte aree innevate, rendendo le superfici più scure e quindi più idonee ad asssorbire la luce solare; processo che favorirebbe lo scioglimento del ghiaccio.

Nel complesso, ad ogni modo, il fattore determinante rimane la temperatura dell’aria, per cui Maurer e il suo team hanno raccolto dalle stazioni di terra i dati sulle temperature del periodo in studio e quindi hanno calcolato l’entità della fusione che ci si poteva aspettare in relazione a quei dati.

Confrontati poi i risultati con ciò che è accaduto nella realtà, è stata confermata l’esattezza della stima.

La perdita di ghiaccio in Himalaya assomiglia a quella delle Alpi europee, le montagne studiate con maggior attenzione, dove le temperature avevano iniziato ad aumentare già negli anni Ottanta.

Confrontando le due regioni, i ricercatori hanno constatato che in Himalaya il ghiaccio si scioglie più lentamente che sulle Alpi, ma la progressione generale è molto simile.

Lo studio non ha incluso le enormi catene adiacenti l’Himalaya, come il Pamir, l’Hindu Kush o il Tian Shan, ma altri studi suggeriscono che anche in queste aree è in corso una fusione analoga dei ghiacciai.

Sono circa 800 milioni le persone che dipendono dal deflusso stagionale dei ghiacciai himalayani, da cui dipendono diversi settori, dall’ irrigazione all’energia elettrica e all’acqua potabile, la cui funzionalità è pertanto fortemente condizionata.

La fusione accelerata finora interessa principalmente come deflusso per le stagioni calde, ma gli scienziati prevedono che questo si ridurrà entro qualche decennio, man mano che i ghiacciai perderanno la massa. E questo avrà ricadute negative sull’approvvigionamento idrico dell’intera regione.

Un altro studio stima che il deflusso annuo è ora di circa 1,6 volte maggiore rispetto alla quantità d’acqua che veniva fornita nel passato, mantenendo integro il bilancio tra entrate e uscite.

Una prima conseguenza è la formazione, in alta quota, di dighe naturali di detriti rocciosi che vanno a ostruire piccole valli, costituendo pericoli di crolli futuri e minacce per le popolazioni residenti a valle.

“Persino i ghiacciai delle montagne più alte del mondo stanno risentendo degli aumenti delle temperature globali”, afferma Joseph Shea, geografo dell’Università della Columbia Britannica settentrionale, che non ha partecipato a questa ricerca. “Questo dovrebbe far riflettere sui cambiamenti che avverranno per le popolazioni di quella regione geografica così intensamente popolata”.

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