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Il dopo alluvione: denunce tante, proposte e decisioni poche

"Che ogni volta si ricordi poi che da anni abbiamo rinunciato a fare opera di prevenzione, per cui non possiamo sorprenderci per i crescenti disastri, suona persino beffardo"

Scritto da Renzo Moschini il 13.11.2012

Mentre Toscana e Liguria tornavano sott’acqua con danni e vittime, sulla stampa abbiamo letto che nell’indice di gradimento dei nostri ministri quello dell’ambiente Clini risulta ultimo. In una intervista ad un settimanale, Salvatore Settis considera invece il ministro dei Beni culturali Ornaghi ‘un non tecnico’ a cui non interessa il dicastero. E questo alla vigilia di importanti appuntamenti nazionali come gli Stati generali della Cultura a cui interverrà anche il Presidente della Repubblica, di cui su Il Sole 24 Ore abbiamo letto i 5 punti tra i quali  figura la ‘Cooperazione tra ministeri’, mai come oggi passaggio chiave per qualsiasi  politica che non voglia affidarsi –quando va bene- alle denunce, ma soprattutto allo scaricabarile politico-istituzionale.

Arno in pienaChe ogni volta si ricordi poi che da anni abbiamo rinunciato a fare opera di prevenzione, per cui non possiamo sorprenderci per i crescenti disastri, suona persino beffardo. E lo è anche di più quando si aggiunge che dobbiamo finirla di costruire sulle golene ecc. ecc. Ma queste sono cose scritte chiaramente e spesso da anni in leggi importanti che anziché essere state osservate e gestite sulla base di politiche di programmazione nazionale, sono state ignorate e in più d’un caso anche manomesse alla Bertolaso. E se è vero che capita talvolta che il progetto giusto ci sia ma manchino del tutto o in buona parte i finanziamenti, è ancor più frequente il caso in cui progetti seri non ce ne siano neppure dopo eventi rovinosi ripetuti. C’è quello per il Ponte sullo stretto di Messina ma non per la Sicilia che si sbriciola.

Ciò è tanto vero che specialmente in alcune regioni non si è riusciti ad avvalersi neppure dei finanziamenti europei come ci ha ricordato più volte il ministro Barca che ha fatto seguire però alle denunce e alle critiche un impegno serio del suo ministero per dare una mossa alle regione dormienti, aiutandole a fare e presentare progetti credibili e cantierabili. E non è certo un caso che queste cose la faccia un ministro come Barca che fu chiamato al ministero dell’economia da Ciampi che proprio in quegli anni tentò con la ‘nuova programmazione’ di rilanciare politiche che erano state dopo l’avvento delle regioni presto mollate; purtroppo quel tentativo non riuscì e cosa ciò abbia significato oggi non fatichiamo a comprenderlo. 

Il venir meno di qualsiasi politica di programmazione che ha portato anche al ‘fallimento’ del nuovo titolo V è infatti alla base di quella mancata cooperazione tra ministeri di cui si discuterà anche agli Stati generali della cultura. Che oggi si riparta sulla base di una regia nazionale sia pure in un ambito specifico è sicuramente un segnale positivo che deve tuttavia rapidamente estendersi al complesso delle politiche ambientali; dal suolo al paesaggio alla natura ancora lontane da quelle sintonizzazioni che urgono e che stentano a raccordarsi e integrarsi, per resistenze che riguardano in qualche misura anche chi è impegnato perché le cose cambino davvero.

Nel dibattito di fine settembre in San Rossore promosso dal Gruppo di San Rossore questa difficoltà sono emerse chiaramente nel senso la gestione unitaria di competenze anche diversamente ripartite tra stato, regioni ed enti locali resta un problema irrisolto, e tale resterà se alla collaborazione tra i ministeri giustamente rivendicata non si unirà anche quella della ‘leale collaborazione istituzionale’ fissata in Costituzione. Tanto più urgente perché oggi nessuno ha le carte in regola per ergersi a castigamatti. E non basta neppure lo spolverino della green economy che continua –come ha scritto Francesco Bertolini- ‘a non considerare assolutamente l’impronta ecologica complessiva’. Una impronta che fa sempre più paura.

Renzo Moschini

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