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Mercato dei biocombustibili: la FAO denuncia la possibile esclusione dei piccoli produttori

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 26.02.2013

Il mercato dei biocarburanti è in grande espansione: per questo si è resa necessaria una regolamentazione. E’ proprio questa necessità di illuminare alcune zone oscure del commercio dei biocarburanti che però rischia di mettere in difficoltà i contadini piccoli produttori, che potrebbero venire schiacciati dalla richiesta di una burocrazia specializzata e difficile da seguire. A denunciarlo è la FAO.

Biocombustibili

Rischierebbe di favorire i grandi produttori a scapito dei piccoli produttori dei paesi in via di sviluppo la nuova regolamentazione del commercio del biocarburante, secondo laFFAO. I nuovi regolamenti dovrebbero essere utili per controllare le silvicolture, le modalità di produzione e i diritti dei lavoratori coinvolti nella coltivazione e nei raccolti , nonchè nelle lavorazioni. Quindi i presupposti sono di grande utilità, ma rischiano di contenere un aspetto scarsamente valutato con implicazioni sui produttori più deboli.

La burocrazia richiesta dalla nuova regolamentazione è decisamente complessa: sono necessari un gran numero di dati specifici. Per ottenerli, le grandi aziende p dovranno fare poca fatica, visto magari che i dati son già disponibili e utilizzati per altri scopi. Ma quando si parla di piccoli produttori le cose si fanno più complesse. Alcuni contadini tengono a mente una parte dei dati,  spiegano dalla FAO ,e la creazione dei dati e la compilazione dei moduli per i contadini potrebbe avere un costo tale da escluderli letteralmente dal commercio internazionale.

Il rapporto, Biofuels and the Sustainability Challenge, mette il luce soprattuto il fatto che i contadini potrebbero essere tagliati fuori dalle esportazioni.

 “Gli attuali piani di certificazione,” spiega in una nota la FAO,  “che sono volontari e per lo più gestiti da privati, possono escludere i piccoli contadini perché sono prevalentemente concepiti per l’agro-industria su larga scala.  Molti di essi richiedono enormi quantità di dati e informazioni oltre a costi e capacità spesso fuori dalla portata della maggior parte dei piccoli produttori.”

“Così come sono strutturati attualmente, questi piani tendono ad avvantaggiare operatori su larga scala e forniscono incentivi per aumentare la produzione e riuscire così ad assorbire i costi di certificazione”, si legge nel rapporto. 

La certificazione, tuttavia, può anche avere alcuni effetti positivi sulle aziende per esempio “maggiore efficienza, minori rischi e maggiore trasparenza e consapevolezza sui problemi che possono sorgere lungo la catena produttiva”. 

Ma queste certificazioni “nella misura in cui sono state istituite per controllare le importazioni, possono penalizzare il commercio e ridurre l’accesso al mercato – specialmente per i paesi in via di sviluppo con vantaggi comparativi nella produzione, che vedono in questa industria una reale opportunità di sviluppo per superare la povertà rurale e offrire occupazione”. 

“Molti paesi in via di sviluppo hanno espresso la loro preoccupazione che i piani di certificazione possano diventare indirette barriere al commercio se non gestiti in modo appropriato”. 

“Per incrementare l’utilizzazione delle certificazioni” – secondo il rapporto – “i governi e le organizzazioni internazionali dovrebbero istituire, nei paesi consumatori e in quelli produttori, meccanismi complementari al fine di creare un ambiente favorevole”. 

La FAO quindi chiede che siano i singoli paesi ad intervenire: “Questi meccanismi potrebbero essere legislazioni nazionali, politiche per appalti pubblici, incentivi fiscali, riduzioni delle imposte e sovvenzioni per avviare nuove imprese”, suggerisce il rapporto.

“Un modo per ridurre i costi per i piccoli produttori è promuovere organismi d’ispezione locali, aggiunge il rapporto. Questi comportano costi minori per i produttori, sono meglio in grado di condurre controlli spontanei e in genere sono più informati sulle caratteristiche presenti in loco”. 

“Questi sono gli effetti positivi, negativi e misti della certificazione sui biocombustibili”, conclude il rapporto.  “L’impatto ambientale delle certificazioni sarà positivo se esse faciliteranno la programmazione e l’inventario forestale, il monitoraggio, la protezione della biodiversità e la conformità con le normative della silvicoltura”. 

“Anche l’impatto economico può essere positivo se le certificazione riusciranno a generare maggiori guadagni per i fornitori, assicurare salari decenti ai lavoratori e l’accesso al mercato.  Negativi, invece, gli effetti sui piccoli produttori, che sembrano essere tagliati fuori dai progetti di certificazione”.

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