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Cancro al polmone: consumo di zucchero e tumore, scoperta una relazione

Scritto da Elisa Corbi il 29.07.2014

I ricercatori del Politecnico di Losanna (EPFL) hanno dimostrato che in alcune cellule tumorali il consumo di zucchero e la mobilità sono in relazione. La ricerca è stata pubblicata su Cancer & Metabolism e potrebbe essere il primo passo verso l’identificazione di specifici bersagli per la cura di un tipo di tumore polmonare. Infatti il meccanismo che collega motilità del cellule e consumo di zucchero è connesso con la sopravvivenza del paziente. Non è stata invece dimostrata la relazione con la presenza di metastasi.

cellula

Il team di ricerca, guidato da Etienne Meylan, è stato in grado di dimostrare che le due caratteristiche, derivano dallo stesso meccanismo nel carcinoma polmonare non a piccole cellule. Inoltre hanno dimostrato che l’intensità del fenomeno ha influenzato significativamente le probabilità di sopravvivenza del paziente.

La mobilità delle cellule, non è di per sé un’anomalia, ma esiste soprattutto durante lo sviluppo embrionale e viene detto “mesenchimale” e secondo il ricercatore capo della scoperta, si riattiverebbe invece con il carcinoma polmonare.

I ricercatori hanno scoperto che le cellule mesenchimali producono una proteina che cattura il glucosio utile per la crescita. I ricercatori, attraverso opportune osservazioni, sono riusciti a mettere in relazione la caratteristica mesenchimale con il consumo di zucchero.

Le cellule tumorali polmonari producono ampiamente quantità di GLUT3. Questo perché il gene regola da sé un elemento chiamato ZEB1, e la quantità di quest’ultimo regola diversi fattori. Dunque le variazioni delle quantità di GLUT3 sembrano essere un forte indicatore di aggressività del tumore. Analizzando i dati di 450 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che maggiore è la quantità di GLUT3, minore è la probabilità di sopravvivenza.

“I pazienti sono stati seguiti per diversi anni. A seconda della produzione alta o bassa di GLUT3, i loro tassi di sopravvivenza oltre sette anni coprivano quasi il 20%. “I nostri dati non ci permettono di concludere che il meccanismo favorisce la metastasi, ma ne rafforza l’ipotesi”, dice Mark Masin.

La scoperta identifica un potenziale bersaglio per i farmaci futuri. Etienne Meylan immagina, per esempio, una molecola tossica che potrebbe essere inclusa mediante GLUT3 per distruggere la cellula dall’interno.

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