Gaianews

Cancro: quando il cinema guarda in faccia la malattia

Negli ultimi anni, i film si stanno sempre più cimentando con alcune questioni importanti, temi delicati, difficili e a volte scomodi. Fra questi quello della malattia.

Scritto da Nadia Fusar Poli il 21.09.2012

Negli ultimi anni, i film si stanno sempre più cimentando con alcune questioni importanti, temi delicati, difficili e a volte scomodi. Fra questi quello della malattia. Oggi il cinema sembra guardare in faccia il dolore e la morte sempre più frequentemente e si accosta a realtà drammatiche come il cancro, dando voce ad emozioni non certo facili da rappresentare e da restituire al pubblico in modo autentico. In effetti, già La Boheme, il capolavoro di Giacomo Puccini, raccontava un dramma, quello della tubercolosi, malattia di cui muore la giovane protagonista Mimì, oggi perfettamente curabile con i farmaci.

Da La gatta sul tetto che scotta (pellicola del 1958) a Erin Brockovich (del 2000), da L’uomo della pioggia (1997) di Francis Ford Coppola a La prima cosa bella (del 2010), il cinema di oggi tratta alcuni aspetti legati alla malattia, del tutti assenti fino a qualche anno fa.  
Il cinema si è infatti sempre preso i suoi tempi, muovendosi su questo terreno con i piedi di piombo: spesso i titoli sono scivolati inesorabilmente nel pietismo e nel patetico, narrando storie leziose e poco realistiche, spesso lontane dalla verità. Paura di accostarsi a queste tematiche? Eccessivo pudore?

Dopo aver attentamente studiato 82  film, la cui storia ruotava attorno al protagonista, un malato di cancro, il dottor Luciano De Fiore della Sapienza di Roma, insieme ai suoi colleghi ricercatori, ha riscontrato che le esperienze raccontate si discostavano nettamente dalla situazione reale. Molto spesso la persona malata non supera la malattia e la morte appare quasi funzionale al dipanarsi  della stessa trama, secondo  un modello fortemente standardizzato che persiste nonostante un reale progresso dei trattamenti e delle cure.

Ma le cose per i malati di cancro non sono sempre così tetre e tragiche come le trame dei film lasciano intendere. Per fortuna nella vita reale la concreta possibilità di sopravvivere è molto più alta rispetto a quanto non venga raccontato sul grande schermo….dove la dipartita sembra rappresentare l’unico viatico possibile per annullare ogni bagaglio emozionale. Forse c’è un gap di tipo educativo nel concetto di “film sul cancro”.
E’ inoltre interessante notare che Hollywood non sembra prestare particolare attenzione ai “big killer” tra i tumori, fatta eccezione per i tumori del polmone. Infatti, anche se il cancro al seno ha un impatto molto elevato sui soggetti di sesso femminile, questo è poco o quasi per nulla) rappresentato. “Non si parla mai nei film – commenta De Fiore – delle opportunità che la medicina offre oggi ai pazienti”.

Nonostante questi difetti, i film sul cancro potrebbero avere un impatto positivo, sia per i pazienti che per i medici, sostengono i ricercatori. L’uso del grande schermo per mostrare storie di cancro potrebbe infatti contribuire ad aumentare la consapevolezza di quanto sia grande il problema e ciò che le nuove terapie oggi a disposizione possono fare, in termini di trattamento della malattia e di miglioramento dello stile di vita del malato.

Il cancro non è un soggetto facile da rappresentare, ma il fatto che se ne parli in qualche film permette di far conoscere meglio al pubblico le sue implicazioni (che di fatto si traduce in una maggiore sensibilizzazione) e contribuisce ad accrescere la consapevolezza di medici e oncologi rispetto a determinati problemi a volte trascurati, nella impostazione terapeutica: cancro e sessualità, rapporto tra  paziente e personale medico, effetti collaterali delle terapie. Questi film possono altresì servire a riflettere sul significato stesso della vita e della morte. E non è poco.

© RIPRODUZIONE RISERVATA