L’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha dato il suo primo parere circa lo studio dei ricercatori dell’Università di Caen, che hanno effettuato un esperimento su topi che sono stati nutriti con mais OGM NK 603 e erbicida Roundup. I topi hanno sviluppato in due anni tumori e danni agli organi interni.
L’EFSA ha comunicato che per il momento la ricerca non ha sufficienti fondamenti scientifici da implicare una riforma nella normativa che regola il mais OGM in Italia. D’altra parte però, questa è solo il primo step dell’indagine: gli esperti dell’EFSA hanno infatti richiesto ulteriori informazioni ai ricercatori e continueranno la loro review.
L’EFSA non modificherà per ora le normative riguardo al mais OGM in Europa. Sono troppe, secondo gli esperti, i problemi relativi alla progettazione e alla metodologia dello studio così come descritto nel paper.
Per Bergman, che ha guidato il lavoro dell’EFSA, ha dichiarato: “Qualcuno potrebbe essere sorpreso che la dichiarazione dell’EFSA si concentra sulla metodologia di questo studio, piuttosto che sui suoi risultati, ma questo va al cuore della questione. Quando si esegue uno studio è fondamentale predisporre un opportuno quadro di lavoro. Avendo obiettivi chiari, un progetto e una metodologia corretta permette di creare una solida base da cui possano conseguire dati precisi e conclusioni valide. Senza questi elementi è improbabile che uno studio sia affidabile e valido. “
I ogni caso il direttore della valutazione scientifica dei prodotti regolamentati ha assicurato che il monitoraggio e la ricerca sugli effetti a lungo termine degli OGM continueranno ad essere un elemento centrale del lavoro dell’EFSA per proteggere gli animali, gli esseri umani e l’ambiente.
Questa è sola la prima analisi: la seconda sarà disponibile alla fine del mese e terrà in considerazione le nuove indicazioni degli scienziati e anche una panoramica delle valutazioni degli Stati membri dello studio e l’analisi da parte delle autorità tedesche competenti per la valutazione del glifosato.
Ecco alcune delle criticità dello studio che secondo gli esperti dell’EFSA andrebbero chiarite perchè l’ente possa prendere una sua chiara posizione.
– I topi usati nei due anni di studio sono inclini a sviluppare i tumori durante il loro ciclo di vita, che è di circa due anni. Questo significa che la frequenza osservata di tumori è influenzata dalla naturale incidenza di tumori tipici in questo ceppo, indipendentemente da qualsiasi trattamento. Questo non è né preso in considerazione, né discusso dagli autori.
– Gli autori hanno diviso i topi in 10 gruppi di trattamento, ma hanno stabilito un solo un gruppo di controllo. Questo significa che non c’è stato alcun controllo appropriato per quattro gruppi – circa il 40% degli animali – i quali sono stati alimentati con mais OGM trattati o non trattati con un erbicida contenente glifosato.
– Lo studio non ha rispettato metodi standard internazionalmente riconosciuti – noti come protocolli – per la creazione e realizzazione di esperimenti. Molte di queste procedure sono sviluppati dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
– Per uno studio di questo tipo, i corrispondenti orientamenti dell’OCSE indicano la necessità di un minimo di 50 topi per gruppo di trattamento. Séralini e i suoi colleghi hanno usato solo 10 roditori per il trattamento. Il basso numero di animali utilizzati è insufficiente a distinguere tra l’incidenza di tumori dovuti al caso, piuttosto che agli effetti specifici del trattamento.
– Gli autori non hanno dichiarato alcun obiettivo, cioè quali fossero le domande alle quali lo studio avrebbe dovuto dare risposta. Gli obiettivi di ricerca definiscono i fattori di primaria importanza, come il disegno dello studio, la dimensione corretta del campione, e i metodi statistici utilizzati per analizzare i dati – che hanno un impatto diretto sulla affidabilità dei risultati.
– Non viene fornita nessuna informazione circa la composizione del cibo dato ai topi, come è stato conservato o se avessero potuto contenere particolari di sostanze nocive come le micotossine.
– Non è possibile valutare correttamente l’esposizione dei ratti all’erbicida perchè la quantità ingerita dai ratti non è chiaramente segnalata. Gli autori riportano solo il tasso di applicazione del diserbante usato per spruzzare le piante e la concentrazione aggiunta all’acqua potabile dei ratti, ma non riportano i dettagli circa il volume del mangime o dell’acqua consumata.
– Lo studio non ha utilizzato un metodo di analisi statistica né dichiara se un metodo sia stato specificato prima di iniziare lo studio. Abbiamo chiesto agli autori la validità del metodo utilizzato, abbiamo fatto domande sulla segnalazione di incidenza di tumori. I dati importanti, come ad esempio una sintesi di abbandoni e una stima degli effetti imparziali del trattamento non sono stati inclusi nel documento.
Molti gli endpoint – ciò che viene misurato nello studio – non sono stati riportati nel documento. Questo include informazioni pertinenti sulle lesioni che sono state osservate oltre ai tumori. L’EFSA ha invitato gli autori a segnalare tutto ciò che può aiutare a migliorare l’apertura e la trasparenza.
Inviterei a leggere un lavoro italiano poco conosciuto ma condotto con metodo e criteri statistici:
“A three-year longitudinal study on the effects of a diet containing genetically modified Bt176 maize on the health status and performance of sheep”
Massimo Trabalza Marinucci et al.
Livestock Science, 113 (2008) 178–190