Uno studio sul DNA dei resti di un uomo che visse 36mila anni fa nella regione di Kostenki, in Russia, sposta all’indietro di decine di migliaia di anni le prime migrazioni dall’Africa delle popolazioni antenate dei moderni europei.
Il genoma del fossile mostra anche che il lignaggio degli europei non è il risultato di pochi sporadici eventi migratori, ma di molti incroci tra gruppi in costante movimento nel continente eurasiatico.
Mentre finora si riteneva che le popolazioni da cui discendono gli attuali europei fossero uscite dall’Africa intorno ai 50-60mila anni fa, pare ora che i nostri antenati affondino le loro radici in un passato ben più lontano, addirittura forse anteriore al Paleolitico superiore e collocabile tra i 50 e i 100mila anni fa.
La ricerca genetica sull’Uomo di Kostenki, il cui ritrovamento risale alla metà dell’Ottocento, ma che è stato datato solo di recente, è stata condotta per il Centre for GeoGenetics di Copenhagen da un gruppo di paleoantropologi e genetisti dello Statens Naturhistoriske Museum della stessa città, con la collaborazione di studiosi dell’Università di Cambridge e del Max Planck Institut per l’Evoluzione di Lipsia.
I risultati dello studio sono stati resi noti su Science.
Studiando il genoma dell’Uomo di Kostenki è emerso che, pur mostrandosi distinto da quello degli asiatici orientali, riporta nette somiglianze con il patrimonio genetico della maggior parte degli europei e degli attuali abitanti della Siberia occidentale.
Il materiale genetico presenta una ulteriore condivisione con gli agricoltori neolitici europei e con i più antichi abitanti del Medio Oriente.
Quest’ultimo dato farebbe pensare che alla formazione del genoma dell’Uomo di Kostenki abbia concorso anche un antico lignaggio eurasiatico.
Questo primitivo antico contatto è alquanto sorprendente e può essere spiegato solo con un incontro tra le due popolazioni, rimaste poi isolate per decine di migliaia di anni e incontratesi nuovamente quando i primi agricoltori giunsero dal Medio Oriente, attorno agli 8000 anni fa.
Sui motivi alla base della separazione e dell’isolamento di queste due popolazioni, in mancanza di altri riscontri, si possono fare solo congetture. Barriere naturali, molto probabili in relazione agli eventi climatici occorsi con l’ultimo massimo glaciale; numero esiguo di gruppi umani in movimento in caccia di prede; competitività sui territori; decimazione degli individui a seguito di malattie o altro ancora.
L’altro dato significativo scoperto è la percentuale di genoma neanderthaliano presente nel fossile di Kostenki, che risulta superiore dell’un per cento al contenuto medio degli europei moderni.
Ovviamente quindi, i due gruppi, nella prima fase di colonizzazione europea, si incrociarono.
E, del resto, questa ibridazione non fu nemmeno la prima, dal momento che un’altra recente analisi genetica ne ha trovato traccia genetica su un fossile siberiano di 45mila anni fa.
Con i risultati scaturiti dall’analisi del genoma dell’Uomo di Kostenki, il quadro della colonizzazione del continente eurasiatico si presenta ancor più articolato e complesso di quanto non fosse prima.
Il professore Eske Willerslev, dell’Università di Copenhagen, che ha guidato la ricerca, conclude: “I genomi antichi ampliano spazio e tempo della nostra storia genetica. Recuperare l’antico genoma, e non solo in piccoli frammenti come è accaduto in passato, dà forza alla genomica, che rivela la complessa rete di relazioni delle popolazioni del passato, generando per la prima volta un quadro certo con cui capire come gli esseri umani abbiano risposto ai cambiamenti climatici, agli incontri con altri popoli e ai paesaggi dinamici dell’era glaciale”.