Ascia a mano. Immagine © Science/AAA
Un’eccezionale scoperta potrebbe sconvolgere la storia delle migrazioni dell’uomo moderno dall’Africa verso il resto del mondo. Manufatti rinvenuti negli Emirati Arabi Uniti, infatti, spostano a oltre 100 mila anni fa le prime migrazioni dell’uomo moderno e indicano che gli esseri umani cosiddetti moderni (Homo Sapiens) sono migrati dall’Africa prima di quanto i ricercatori si aspettassero, secondo il nuovo studio.
Capire l’evoluzione umana richiede non solo di documentare la scoperta di nuovi siti e ritrovamenti, ma anche di vedere dove i nostri antenati si trovavano in un dato tempo e dove sono arrivati. Questo è fondamentale per avere una mappa globale delle prime migrazioni umane, del nostro impatto sull’ambiente e delle radici delle nostre società e cultura. Una questione importante è come gli esseri umani moderni siano emersi dall’Africa. E’ ormai chiaro che la maggior parte dell’Eurasia e l’Australia erano già occupate dall’uomo cosiddetto moderno circa 50.000 anni fa. Queste migrazioni devono essere a loro volta strettamente collegate con la nostra comprensione del cambiamento climatico passato durante i cicli glaciali. Ebbene, questa nuova ricerca descrive la prova di una migrazione avvenuta ben prima di 100.000 anni fa in Arabia e, potenzialmente, ancora oltre, e lega questa migrazione alle condizioni climatiche che erano presenti in quell’epoca.
La tempistica e la diffusione degli esseri umani moderni dall’Africa è stata fonte di dibattito per lungo tempo, anche se le prove più convincenti riguardavano un esodo lungo il Mar Mediterraneo e sulle coste arabe circa 60 mila anni fa. Oggi, Simon Armitage e un team internazionale di ricercatori suggeriscono che gli esseri umani sono migrati in Arabia orientale già 125 mila anni fa – direttamente dall’Africa e non piuttosto attraverso la Valle del Nilo o dal Vicino Oriente, come alcuni ricercatori avevano suggerito in passato.
”]Il gruppo di ricerca che ha fatto la sensazionale scoperta afferma che un vero e proprio accampamento con strumenti di caccia e di lavoro è stato rinvenuto nel sito archeologico Jebel Faya negli Emirati Arabi Uniti, e la tecnologia assomiglia a quella utilizzata dai primi esseri umani in Africa orientale, ma non ha le caratteristiche emerse in Medio Oriente. L’insieme di strumenti recuperati include asce a mano relativamente primitive, oltre che una varietà di scalpelli e punteruoli, e il basso contenuto di innovazione tecnologica dimostra che non era necessaria una tecnologia maggiore ai primi uomini che sono migrati in Arabia.
I ricercatori hanno anche analizzato il livello del mare che si registrava in quell’epoca, e le analisi dei cambiamenti climatici della regione hanno stabilito che lo Stretto di Bab al-Mandab, che separa l’Arabia Saudita dal Corno d’Africa, si era ritirato abbastanza per consentire il passaggio sicuro di uomini durante l’ultimo periodo interglaciale. A quel tempo, la penisola arabica era molto più umida di oggi, con una maggiore copertura vegetale e una rete di laghi e fiumi. Tale paesaggio avrebbe consentito l’accesso di esseri umani in Arabia e poi nella Mezzaluna Fertile e in India, secondo i ricercatori. Alla luce dei risultati, i ricercatori chiedono una profonda rivalutazione di come l’uomo moderno si sia diffuso in tutti i continenti, diventando una specie globale.
La ricerca verrà pubblicata sul numero del 28 gennaio di Science.