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I primi cavalli dimostrano effetti del riscaldamento globale sui mammiferi

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 25.02.2012
Evoluzione dei cavalli e riscaldamento globale

Evoluzione dei cavalli e riscaldamento globale. Crediti: Danielle Byerley, UFL

Studiando un estremo evento di riscaldamento globale del passato i paleontologi hanno scoperto che i mammiferi si adattano all’aumento delle temperature riducendosi di stazza nei periodi caldi e aumentando in quelli freddi.

A tale conclusione è giunto uno studio sui primi antenati dei cavalli. I ricercatori sono tuttavia preoccupati di cosa possa avvenire nei prossimi due secoli, visto che l’adattamento dei mammiferi durante il Massimo Termico Paleocene-Eocene (PETM) 50 milioni di anni fa ebbe luogo durante migliaia di anni, mentre il riscaldamento globale odierno è previsto in soli duecento anni.

In uno studio pubblicato su Science i ricercatori dell’Università della Florida e dell’Università del Nebraska hanno trovato una correlazione tra la temperatura globale e le dimensioni medie dei mammiferi, in particolare osservando l’evoluzione dei primi cavalli circa 50 milioni di anni fa: con l’aumento delle temperature le dimensioni del corpo sono diminuite.

“I cavalli hanno raggiunto le dimensioni di piccoli cani”, ha detto il co-autore Jonathan Bloch, associato di paleontologia dei vertebrati al Museo di Storia Naturale della Florida. “Ciò che sorprende è che dopo la loro comparsa, questi animali hanno ridotto le loro dimensioni per poi crescere nuovamente, e ciò corrisponde esattamente ad un riscaldamento globale seguito da un raffreddamento.”

Il Sifrhippus, il primo cavallo noto ai paleontologi, sembra essere apparso nel continente nord americano durante il PETM. Durante questo periodo di tempo, durato 175 mila anni, le alte concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera e negli oceani hanno causato l’aumento delle temperature medie globali di 6 – 12 gradi centrigradi. Analizzando la dimensione e gli isotopi dei fossili ritrovati in un sito in Wyoming, i ricercatori hanno tracciato l’evoluzione del Sifrhippus da un animale di circa 5,4 chili ad uno di circa 3,8 chili – le dimensioni di un gatto domestico – per poi crescere a circa 6,8 chili durante i successivi 45 mila anni.

E’ facile capire da questi dati che, quando il Sifrhippus sandae fece la sua prima apparizione nelle foreste del Nord America più di 50 milioni di anni fa, di certo non assomigliava a nulla di simile all’animale che siamo abituati a vedere.

Ma oltre ad affascinare i paleontologi per l’enorme variazione di stazza nel corso di qualche decina di migliaia di anni, la scoperta ha attirato l’attenzione degli scienziati del clima. All’epoca del Sifrhippus, il cambiamento climatico è stato causato dal rilascio di grandi quantità di carbonio nell’atmosfera e negli oceani, ma le cause dell’aumento di CO2 sono ancora poco chiare.

Circa un terzo dei mammiferi ha risposto all’epoca con una significativa riduzione delle dimensioni durante il ‘grade caldo’, in alcuni casi riducendosi a metà della stazza originale. Il Sifrhippus si è ridotto di circa il 30 per cento, per poi tornare a crescere alla fine del riscaldamento.

Gli scienziati avevano già ipotizzato che l’aumento delle temperature o le concentrazioni elevate di anidride carbonica potessero essere state le cause del fenomeno del “nanismo” nei mammiferi in questo periodo.

La nuova ricerca, condotta da Ross Secord e Jonathan Bloch, offre ora la prova della causa-effetto tra temperatura e dimensioni del corpo.

Le loro scoperte forniscono anche indizi su quello che potrebbe accadere agli animali nel prossimo futuro a causa del riscaldamento globale.

“La riduzione di ossigeno a disposizione circa 50 milioni di anni fa ha portato ad una riduzione delle dimensioni del corpo nella vita animale”, dice H. Richard Lane, direttore del programma della National Science Foundation (NSF) che ha finanziato la ricerca. Ora, si chiede Lane, “cosa vuol dire questo per il futuro degli animali della Terra?”

Quello che ha sorpreso Bloch e Secord è stato l’andamento delle dimensioni nel tempo.

Basandosi sull’analisi geochimica dei denti, “per la prima volta, andando molto indietro nel passato dei mammiferi – decine di milioni di anni -, siamo stati in grado di dimostrare che effettivamente la temperatura ha causato essenzialmente un cambiamento delle dimensioni del corpo di questa linea evolutiva che ha poi portato al cavallo”.

“Poiché è un arco di tempo abbastanza lungo, si può sostenere con forza che quello che stiamo osservando è un fattore della selezione naturale e dell’evoluzione è stata la temperatura.”

Secord dice che la scoperta ora pone domande decisive su come le piante e gli animali risponderanno ai rapidi cambiamenti in un futuro non troppo lontano.

“Questo ha implicazioni su ciò che potremmo aspettarci di vedere nel prossimo secolo o due con i modelli climatici che prevedono il riscaldamento di ben 4 gradi centigradi nei prossimi 100 anni”, dice.

Tali previsioni si basano in gran parte sull’incremento del 40 per cento dei livelli atmosferici di biossido di carbonio, da 280 a 392 parti per milione, dall’inizio della rivoluzione industriale nella metà del diciannovesimo secolo.

Gli ornitologi, ha detto Secord, hanno già iniziato a notare una riduzione della dimensione del corpo di alcuni volatili.

“Uno dei problemi è che il riscaldamento durante il PETM è avvenuto molto più lentamente, 10 gradi in oltre 10 – 20 mila anni, mentre ora ci aspettiamo che accada in non più di un secolo o due.”

“Quindi c’è una grande differenza di scala. Una delle domande è, andremo a vedere lo stesso tipo di risposta? Gli animali saranno in grado di tenere il passo e regolare le loro dimensioni in soli due secoli?”

L’incremento delle temperature non sono l’unico cambiamento a cui gli animali potrebbero doversi adattare.

Gli esperimenti mostrano che l’aumento di anidride carbonica atmosferica abbassa il contenuto nutrizionale delle piante, che potrebbe essere stato un fattore secondario del nanismo durante il PETM.

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