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Antartide occidentale: la calotta si scioglie, il continente si solleva

Scritto da Leonardo Debbia il 08.07.2018

Un team internazionale, guidato dal DTU Space, il Centro spaziale dell’Università Tecnica della Danimarca, in collaborazione con la statunitense Colorado State University, ha scoperto che il substrato roccioso continentale su cui poggia la porzione più estrema della calotta antartica occidentale, per effetto del continuo scioglimento della coltre di ghiaccio sovrastante, sta sollevandosi molto più rapidamente di quanto si fosse fin qui ritenuto.

Lo rende noto nel mese scorso la rivista scientifica Science.

Spaccato dell'interno terrestre che mostra il mantello (in diverse sfumature del rosso) e il nucleo (giallo). A destra, uno dei siti dei GPS usati nello studio. (Crediti: Valentina Barletta, DTU Space presso l'Università Tecnica della Danimarca; Terry Wilson, Ohio State University)

Spaccato dell’interno terrestre che mostra il mantello (in diverse sfumature del rosso) e il nucleo (giallo). A destra, uno dei siti dei GPS usati nello studio. (Crediti: Valentina Barletta, DTU Space presso l’Università Tecnica della Danimarca; Terry Wilson, Ohio State University)

La geologia della regione e l’interazione tra questa e la calotta glaciale sono l’oggetto delle indagini di questo studio, che ha individuato anche importanti implicazioni per migliorare le previsioni sulla stabilità della calotta glaciale e il correlato innalzamento del livello dei mari.

“Abbiamo indagato su un importante meccanismo, l’assestamento isostatico tra la calotta e lo strato roccioso sottostante”, afferma il professor Rick Aster, che è a capo del Dipartimento di Geoscienze dell’Università e co-autore dello studio.

Gli scienziati ritengono che, a fronte di un clima più caldo e con le correnti oceaniche sempre più temperate, la porzione occidentale della calotta antartica possa essere particolarmente instabile, dal momento che giace sotto il livello del mare, a differenza delle calotte che ricoprono l’Antartide Orientale e la Groenlandia, che poggiano invece sul substrato solido.

Una siffatta collocazione della struttura, dalla morfologia a forma di catino, espone la calotta ad una probabile destabilizzazione, se non porta addirittura al completo collassamento.

L’intera Antartide Occidentale è ricoperta da una tale quantità di ghiaccio che, qualora dovesse fondersi completamente, contribuirebbe ad un innalzamento medio di oltre 3 metri del complessivo livello dei mari della Terra.

Attualmente, la calotta antartica occidentale sta contribuendo con una fusione annua pari a circa il 25 per cento del ghiaccio globale che copre le terre. E recenti studi satellitari hanno mostrato che questa quantità va aumentando negli ultimi decenni.

Questo volume di ghiaccio equivale a circa 59 chilometri cubi o, se si preferisce, ad un cubo di ghiaccio di oltre 4,8 chilometri di lunghezza per ciascun lato.

I coautori dello studio, operanti presso la statunitense Ohio State University, hanno proveduto all’installazione di stazioni GPS sugli affioramenti rocciosi attorno alla zona più estrema per misurare di quanto risale la roccia in risposta al sottile strato di ghiaccio che si scioglie.

Le misurazioni rilevate hanno mostrato che i tassi di risalita del substrato roccioso vicino alla costa dell’Antartide Occidentale raggiungevano i 4 centimetri all’anno, uno dei tassi più veloci mai registrati nelle zone glaciali.

“In realtà, questo sollevamento rapido va a rallentare il collasso della calotta”, dice Aser. “La linea lungo cui il ghiaccio, facendo il suo ingresso in mare, perde contatto con la roccia sottostante fa sì che la calotta galleggi; e questo va a bilanciare in parte il processo di fusione del ghiaccio”.

I ricercatori hanno comunque constatato che il sollevamento sta accelerando e questo andamento è previsto che continui nel prossimo secolo.

Tornando al sollevamento del terreno, questo “potrebbe essere messo in relazione con un mantello viscoso relativamente più fluido nell’area in cui il peso del ghiaccio va diminuendo”, secondo Valentina Barletta, ricercatrice del DTU Space danese, la cui tesi viene condivisa anche da Terry Wilson, docente di Scienze della Terra presso la Ohio State University.

Questi studiosi hanno installato una vasta rete di sismografi per ottenere immagini tomografiche sismiche, analoghe ad una gigantesca scansione TAC, delle profondità del continente antartico in quella zona.

Come risultato, si è ora in possesso di una mappatura estremamente dettagliata di una vasta regione del mantello terrestre fino a 640 chilometri al di sotto dell’Antartide Occidentale, con conferme simili estese alle zone calde profonde anche oltre 960 chilometri.

Al di là di quanto succede al di sotto del grande continente, la conclusione del team è comunque volta a chiedere alle Nazioni una maggiore attenzione ed un accurato controllo di quanto accade al di sopra dell’Antartide, insistendo sulla limitazione dell’emissione di gas serra nell’atmosfera, onde contrastare comunque l’innalzamento del livello globale dei mari.

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