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Come comunicano gli elefanti: coesione e cooperazione

Gli elefanti emettono vocalizzazioni a bassa frequenza per comunicare tra loro e inviare messaggi a distanza. Si tratta di una forma di “linguaggio” che mostra come questa specie sia cognitivamente avanzata

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 04.10.2012

Nelle terre selvagge dell’Africa, quando per una famiglia di elefanti giunge il momento di abbandonare lo specchio d’acqua attorno al quale è riunita per abbeverarsi, la matriarca del gruppo lancia  il segnale , definito nella letteratura scientifica, il “let’s-go rumble”, avviando una sorta di conversazione coordinata e tempestiva tra i leader del clan.

Crediti: Ahimsa Campos-Arceiz

In primo luogo, il capobranco si allontana dal gruppo, volta le spalle ed emette un lungo barrito, lieve e leggermente modulato, sbattendo costantemente le orecchie, cui fanno eco una serie di vocalizzazioni, all’interno del branco, prima che la famiglia intera si allontani definitivamente dalla pozza d’acqua.

Questo comportamento curioso, misurato e documentato in uno studio pubblicato nel numero di ottobre di Bioacustic, di cui è autore la prof.ssa Caitlin O’Connell-Rodwell,  biologa e docente di otorinolaringoiatria presso l’Università di Stanford School of Medicine, dimostra come questa specie cognitivamente avanzata, utilizzi “conversazioni” ben coordinate per avviare la cooperazione all’interno del gruppo. L’emissione di un “rombo” a bassissima frequenza, spiega la capacità del gruppo di lavorare insieme per svolgere i compiti più complessi (ad esempio prestare soccorso per salvare un vitello dal rischio di annegamento).

“Questi vocalizzi facilitano i legami tra gli elefanti, con l’obiettivo di lavorare insieme”, ha detto O’Connell-Rodwell,  che ha studiato gli elefanti africani nelle foreste per 20 anni.  Rappresentano “la misura di una società organizzata”. L’organizzazione sociale, i forti legami tra madri e cuccioli, la coesione interna al branco, rappresentano tutti segnali di una efficace e strutturata comunicazione.

Lo studio indica inoltre come questo comportamento utilizzi il richiamo vocale in modo strutturato per trasmettere segnali su distanze più lunghe, sia attraverso l’aria che attraverso le vibrazioni del terreno, producendo onde sismiche capaci di viaggiare per oltre due chilometri sotto terra, al fine di “comunicare” la propria presenza agli altri gruppi familiari ed evitare che una massa rumorosa si trovi, nello stesso momento, ad abbeverarsi nello stesso luogo. Lo studio ha confermato che gli elefanti utilizzano la vocalizzazione per coordinare l’azione, ma “non è solo un coro”, precisa la O’Connell-Rodwell. Non appena termina una chiamata, se ne avvia un’altra, e un’altra ancora…”Sembrano essere veri eventi comunicativi.”

Lo studio suggerisce che l’uso richiami più lunghi e ripetuti, è un metodo per comunicare messaggi a distanza verso altri gruppi: espandendo la lunghezza del segnale attraverso l’aria e terra, e ripetendolo più volte, rende infatti più semplice l’individuazione e la decodifica del messaggio a distanza.

O’Connell-Rodwell ha studiato gli elefanti della zona del Mushara, dell’Etosha National Park in Namibia passando la maggior parte delle sue estati accovacciata in un bunker o appollaiata in cima a una torre, per capire l’importanza della comunicazione a lunga distanza. E’ altresì autrice del libro “The Elephant’s Secret Sense”,  che mette in evidenza il suo precedente lavoro sulla capacità degli elefanti di comunicare attraverso la produzione e l’ascolto di vibrazioni sotterranee. 

La prof.ssa sta studiando le possibili analogie tra l’uomo e gli elefanti nella ricerca condotta con apparecchi acustici a Stanford. I non udenti, ha detto la O’Connell-Rodwell , percepiscono molto meglio le vibrazioni e potrebbero beneficiare di una ricerca come questa, che mostra come, ripetuti segnali trasmessi più a lungo,  potrebbero essere più facilmente rilevabili.

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