Secondo una relazione pubblicata dagli esperti dell’Università La Sapienza di Roma il fenomeno degli ibridi fra cane e lupo sembrerebbe essere in aumento. La relazione è stata prodotta nell’ambito del progetto europeo Ibriwolf e indaga la presenza di ibridi sul territorio della Provincia di Grosseto, attraverso metodologie genetiche e fotografiche.
Il fenomeno degli ibridi fra cane e lupo, dovuto alla cattiva gestione dei cani e all’aumento della popolazione di lupo, minaccia seriamente il genotipo del lupo, protetto da norme europee, oltre a porre una serie di problemi gestionali che sempre con più evidenza mostrano la necessità di una strategia unitaria su tutto il territorio nazionale.
Per chiarire lo stato dei lavori e i risultati finora raggiunti, abbiamo raggiunto il team di scienziati: Valeria Salvatori, dell’Istituto di Ecologia Applicata, responsabile del coordinamento del progetto Ibriwolf,e Chiara Braschi, Paolo Ciucci e Luigi Boitani del Dip. di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin, Università Sapienza di Roma, partner del progetto Ibriwolf, responsabile delle azioni di survey e cattura.
Ibrido cane lupo, un fenomeno che sembrerebbe in aumento
I ricercatori hanno spiegato che “sicuramente sono aumentate le capacità tecniche di diagnosi e, soprattutto, l’intensità di campionamento sull’intero territorio nazionale di reperti sia biologici per le analisi genetiche, che fotografici per le valutazioni sul fenotipo.
“Tuttavia, in zone dove prima non si rilevavano ibridi – né geneticamente, né fenotipicamente -, ora se ne rilevano in proporzioni preoccupanti: esempi sono l’Appennino emiliano, la provincia di Benevento e il Parco d’Abruzzo.
Fino a che non si attiverà un serio programma di quantificazione e monitoraggio del fenomeno su scala nazionale, però, non sarà possibile stabilire con certezza dimensione, localizzazione, estensione e tendenze temporali del fenomeno.”
Le motivazioni possono essere diverse, ma, spiegano i ricercatori, “il fattore principale è il mancato controllo dei cani, che risultano così liberi di vagare sul territorio, pur essendoci una legge (LN 281) ad hoc che dovrebbe regolamentare la loro presenza. Questo affermazione concorda con la riscontrata presenza di canidi di grossa taglia nel 30-40% del territorio grossetano, aree in cui è stata confermata la presenza stabile del lupo.
“Un altro importante fattore è l’aumento del numero di lupi, che induce gli esemplari giovani a spingersi anche verso le aree rurali, benché meno idonee per la sopravvivenza e fortemente antropizzate. In questi territori, aumenta la probabilità – per gli individui solitari o per i nuclei numericamente ridotti – di entrare in contatto con i cani.
Un problema di non facile soluzione, in cui è necessario l’impegno di tutti
“La situazione non è semplice ed è fondamentale che siano predisposti sforzi in ogni direzione, in modo da richiamare tutti gli attori verso una collaborazione che benefici ognuno di loro,” questa l’opinione di Valeria Salvatori, coordinatrice del progetto Ibriwolf.
“È fondamentale sottolineare che il lupo è una specie caratteristica del nostro patrimonio naturale e non deve essere demonizzata, né tantomeno modificata con incroci che ne potrebbero modificare il carattere schivo. Dunque, minimizzare l’eventualità di incroci o reincroci è di vitale importanza”, spiega Salvatori.
“Nel caso delle pratiche zootecniche, ad esempio, gli ostacoli possono essere mitigati mediante l’assunzione di misure di protezione a tutela degli allevamenti, tra le quali l’adozione di comportamenti responsabili e virtuosi nella gestione dei propri cani potrebbe essere un ottimo inizio: sia per il benessere dei cani stessi, sia per evitare il dilagare del randagismo, spesso una minaccia al patrimonio zootecnico maggiore di quella rappresentata dal lupo.
“Il problema è di natura gestionale-normativa, dal momento che si tratta di salvaguardare una specie protetta piuttosto che un animale (semi)domestico. Il progetto Ibriwolf, comunque, ha già instaurato un dialogo con le autorità competenti e i gruppi interessati, la problematica è stata sollevata agli occhi dei responsabili locali e nazionali e si è costituito un gruppo di lavoro che contribuirà a sviluppare delle linee guida per la gestione degli ibridi.”
Dove finiscono i cani e gli ibridi che vengono prelevati?
Ma che fine fanno gli esemplari catturati? “Gli esemplari verranno catturati con tecniche autorizzate da ISPRA che minimizzino lo stress da manipolazione (tempi di intervento entro 15 minuti dalla cattura), “spiegano i ricercatori. “Una volta preso un individuo, la gestione cambierà a secondo dell’individuo stesso. La decisione finale sul destino degli animali catturati (in caso fenotipicamente non siano evidentemente lupi, perciò rilasciati immediatamente) viene presa in seguito ai risultati di analisi genetici condotti con procedura d’urgenza dal laboratorio di ISPRA.”. Ecco le diverse destinazioni degli animali:
• Saranno rilasciati sul territorio quegli individui che, ad un primo esame morfometrico e fenologico, non presentino neanche uno dei caratteri fino ad ora associati con genotipi ibridi, previa apposizione di collare radio-trasmittente che permetterà di seguirne gli spostamenti ed, eventualmente, associarli ad eventi di predazione sui domestici.
Al momento, non si hanno dati sufficienti per discriminare gli individui anche su base comportamentale.
• Nel caso di cattura di un esemplare ibrido – determinato sulla base di particolari caratteristiche fenotipiche -, è stato prodotto un protocollo operativo che stabilisce le prassi da seguire. Il progetto prevede la costruzione di 6 recinti dedicati alla loro accoglienza: prelevare gli animali dal territorio oppure annullarne il potenziale riproduttivo, infatti, è un modo indiretto per salvaguardare il lupo.
• Nel caso di dubbio, l’animale sarà affidato al CRAS di Semproniano, gestito dal WWF.
• In presenza di cani sprovvisti di collare e microchip, si procederà al loro trasferimento ai canili convenzionati con i comuni di competenza, in ottemperanza alla LN 281.