Gaianews

Qual è il significato delle nostre foreste?

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 03.11.2014

Si è svolta venerdì 24 Ottobre a Camerino una giornata di studio dedicata al tema “Significato e gestione delle foreste”. Numerosi gli interventi che che si sono susseguiti nella mattinata, presso la sede dell’ex Dipartimento di Ecologia e Botanica. Le diverse provenienze e formazioni degli oratori, -botanici, naturalisti, biologi, forestali, selvicoltori, hanno contribuito a presentare, ciascuno sottolineando un aspetto, un tema complesso non solo dal punto di vista interpretativo e concettuale, ma anche e soprattutto gestionale.

Abetina   Foto: N. Agostini    Per gentile concessione del Parco delle Foreste Casentinesi

Abetina Foto: N. Agostini Per gentile concessione del Parco delle Foreste Casentinesi

Da un lato abbiamo i dati, rassicuranti almeno per quanto riguarda Italia ed Europa, dell’ultimo rapporto FAO e di Global Forest Watch: la superficie forestale da noi è in aumento, in modo piuttosto costante. Basta tuttavia ragionare sulle cause a monte di questo processo, per aprire ferite e sollevare problemi.

Se è infatti vero che le nostre foreste crescono, il motivo risiede, molto spesso, nell’abbandono dei territori montani, fenomeno affermatosi su basi economiche e culturali, con crescente vigore, a partire dal secondo dopoguerra. L’abbandono della montagna ha permesso al bosco, in modo graduale ma ininterrotto, di riprendersi aree di cui l’uomo secoli fa si è impossessato, costruendo manufatti e creando paesaggi culturali, come pascoli e coltivi, sui quali la nostra economia si è storicamente basata.

L’abbandonoe l’incuria di queste aree pongono adesso numerose questioni: quella idrogeologica, quella culturale, quella ecologica. Capire il significato delle foreste e gestirle consapevolmente implica scelte di tutt’altro che leggera natura. L’illustre botanico Prof. Franco Pedrotti, parlando delle dinamiche del bosco ha portato l’esempio del paesaggio forestale trentino, dove l’uomo in molti casi è storicamente intervenuto, secondo nobili ed antiche pratiche selvicolturali, modificando struttura e composizione al fine di garantirsi il prelievo continuativo di legname, risorsa cui la nostra società deve molto. Il risultato: meravigliosi boschi a prevalenza di conifere, meta di turisti in ogni stagione, che però naturali non sono. Altrettanto artefatte sono le pinete mediterranee, per secoli rappresentate dai più celebri pittori ma piantate e conservate molto spesso con la pratica della rinnovazione artificiale, o le praterie alpine ed appenniniche, create dall’uomo per praticare la pastorizia, che ospitano spettacolari fioriture in primavera ed estate, ma se lasciate all’evoluzione naturale, in assenza di chi, brucandole, ne garantisce l’esistenza, sarebbero destinate in pochi anni ad estinguersi.

Con queste premesse, come comportarsi di fronte a un ambiente naturale che lentamente si trasforma, trascinato dai mutati costumi e processi economici?Esiste una responsabilità dell’uomo, è giusto impegnarsi attivamente nel mantenere intatti paesaggi che ci hanno consentito di arrivare al punto in cui siamo, o è più corretto lasciare che la natura segua il suo corso?E poi, volendo intervenire,come e quando farlo?

Di questo si è parlato, alla ripresa dei lavori, nella tavola rotonda sul degrado delle foreste. Dopo un lungo ed articolato dibattito si è stabilito di individuare la funzionalità ecologica come carattere diagnostico per definire lo stato di salute di un ambiente forestale.

Più volte è stata sottolineata l’importanza delle componenti zoologica e faunistica. La foresta è infatti solo una parte del più comprensivo insieme di organismi ed interrelazioni caratterizzanti un ambiente forestale. Porsi come obiettivo il restauro di un ecosistema significa pertanto assicurare il corretto funzionamento dei processi che, come migliaia di ingranaggi, contribuiscono al movimento complessivo di una enorme macchina.

Solo studiando in modo attento e approfondito la dinamica, i ritmi e le variazioni di questi, è possibile comprendere se quello che visibilmente l’uomo interpreta come un “ambiente degradato” sia effettivamente tale, o non sia piuttosto il “fermo immagine” di un processo che tenda, in maniera assolutamente autonoma, verso una evoluzione complessiva di tutto il sistema.

Le definizioni ufficiali, approvate dai membri della Società Italiana di Restauro Forestale, saranno a giorni pubblicate sul sito www.sirf.it.

© RIPRODUZIONE RISERVATA