Secondo un recente articolo pubblicato sulla rivista Biological Conservation, le foreste vetuste cinesi stanno scomparendo, minacciate dalle politiche ambientali finora adottate dal governo di Pechino.
L’analisi di Jodi S. Brandt, ricercatrice presso il Dartmouth College, approfondisce la complessità delle interazioni esistenti tra strategie di conservazione e sviluppo economico e ne evidenzia l’impatto su alcune delle foreste temperate più ricche al mondo, localizzate in quello che lo studio considera essere uno dei luoghi più fragili del pianeta: il territorio di Shangri-La, contea localizzata nell’area nord-occidentale della provincia di Yunnan.
Tre differenti metodi di conservazione, -istituzione di aree protette, divieto di taglio a scopo commerciale e tutela da parte della comunità locale sotto forma dei cosiddetti “boschi sacri” -, vengono valutati attraverso l’utilizzo di immagini satellitari e strumenti di analisi statistica, al fine di analizzarne gli effetti sullo stato di conservazione delle foreste, in particolare quelle vetuste.
Cosa succede quando il miraggio dello sviluppo economico si scaglia su un territorio pressoché incontaminato?
La provincia di Yunnan, nota per la sua ricchezza naturale, etnica e culturale, è in realtà uno dei territori più poveri della Cina, ed ospita un nucleo residuo di popolazione indigena storicamente sopravvissuto grazie alle foreste ed al loro utilizzo. Praticamente indisturbata fino alla metà del secolo scorso, questa provincia diventa ben presto mira delle aziende di utilizzazione forestale di stato che si lanciano, motoseghe alla mano, sulle foreste vetuste, per ricavarne il “carburante” necessario ad alimentare una macchina economica sempre più assetata. L’effetto dei diffusi tagli a raso non tarda ad arrivare: gli anni ’90 vedono catastrofiche piene abbattersi sul fiume Yangtze, ed il governo cinese si vede costretto ad elaborare una strategia di sviluppo sostenibile a protezione delle foreste: nascono così riserve naturali, divieti di taglio a scopo commerciale, programmi di riforestazione ed ecoturismo. Dal divieto di taglio è ovviamente esclusa la popolazione locale, cui rimane una sorta di “uso civico” ovvero il diritto di approvvigionarsi in foresta sulla base di quote prestabilite.
I risultati che emergono dal confronto delle tre strategie offrono interessanti spunti di riflessione: se l’istituzione di aree protette si rivela strumento valido ed efficace nella protezione di tutte le foreste, non si può purtroppo affermare lo stesso del divieto di taglio ad uso commerciale. Sebbene infatti questo generi un complessivo incremento della copertura forestale, a farne le spese sono le foreste sacre tibetane, il cui status ha garantito loro, nei secoli, di essere risparmiate al taglio permettendo lo sviluppo di maestosi esemplari.
Sulle sorti di queste foreste, che secondo gli scienziati ospitano un’incredibile concentrazione di uccelli rari, si interrogava già nel 2012 un precedente studio di Jodi S. Brandt basato su tre decadi di immagini satellitari. Secondo l’articolo, pubblicato sulla rivista Remote Sensing of Environment, l’impatto della deforestazione negli anni scorsi è stato tale da portare la superficie delle foreste vetuste, che nel 1990 ricopriva il 26% dell’area analizzata, ad un 20% nel 2009. Paradossalmente, i territori maggiormente colpiti risultano essere quelli dove più si è sviluppato il settore dell’ecoturismo.
“Lo sviluppo del turismo”, afferma Jodi S. Brandt, “continua ad espandersi verso regioni remote nei territori nord-occidentali della Provincia di Yunnan, e gli impatti negativi osservati nell’ultimo decennio nei dintorni di Shangri-La potrebbero seguire di conseguenza”.
Attualmente la politica ambientale cinese promuove la protezione di questo territorio, ma secondo la ricercatrice non c’è certezza riguardo l’eventualità che tra 10, 20 o 50 anni valgano le stesse condizioni. C’è quindi bisogno di maggiore interazione tra le politiche del governo e gli strumenti di gestione locale del territorio.
L’utilizzo di tecniche innovative nell’analisi delle immagini satellitari ha permesso allo studio di misurare i cambiamenti, nell’arco di tempo considerato, per i diversi tipi forestali. Un importante passo avanti che ha permesso di evidenziare come un dato apparentemente positivo, l’aumento complessivo della copertura forestale, fosse in realtà, andando a scavare, un campanello d’allarme. L’aumento è infatti riconducibile a formazioni di scarso valore in termini di diversità biologica come arbusteti e foreste secondarie, cresciuti proprio in seguito al taglio delle foreste vetuste, che invece costituiscono la grande ricchezza del territorio.