Gaianews

Nuovo studio quantifica la rigenerazione delle foreste tropicali

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 06.02.2016

Le foreste tropicali secondarie sono in grado di rigenerarsi dopo il taglio, ed alcune lo fanno anche piuttosto velocemente.

La notizia arriva da Panama, sede dello Smithsonian Tropical Research Institute, dove un gruppo di scienziati ha da poco diffuso i risultati di uno studio mirato ad investigare la capacità di rigenerazione forestale su superfici in precedenza quasi completamente deforestate a scopo agricolo.

Del patrimonio mondiale di foreste tropicali, meno della metà può essere considerato “primario”. Per il resto si tratta infatti di foreste ricresciute (e per questo definite “secondarie”), a seguito di tagli o disturbi di altra natura. E nonostante si sappia che le foreste in crescita accumulino piuttosto rapidamente carbonio, nessuno, finora, ha accertato “quanto velocemente” avvenga questa rigenerazione.

Il gruppo di scienziati ha invece dimostrato come la metà delle foreste indagate nello studio abbiano ricostituito il 90% del livello di biomassa di una foresta primaria in 66 anni o meno.

Una notizia estremamente significativa dal momento che, come afferma Daisy Dent, che ha partecipato al progetto ed insegna all’Università di Stirling, “la rigenerazione delle foreste secondarie potrebbe giocare un ruolo chiave nelle operazioni di cattura e sequestro di carbonio, e quindi nella mitigazione del cambiamento climatico”.

“Tuttavia” -aggiunge la ricercatrice- “altri studi, finora, si sono concentrati su siti singoli. Questa ricerca invece unisce dati provenienti da numerose stazioni a cavallo della regione neotropicale”.

In effetti, quanto ad estensione, si tratta di un progetto senza precedenti: 45 siti in 8 paesi, per un totale di 1478 punti di rilievo tra il Messico ed il Brasile, lungo un gradiente positivo di precipitazioni e fertilità del suolo.

Questi i risultati: dopo venti anni di rigenerazione la biomassa media ricostituita da questi ecosistemi, misurata in termini di cattura e sequestro di carbonio, è risultata essere ben 11 volte maggiore di quella accumulata dalle foreste primarie amazzoniche ed oltre due volte superante quella ricostituita dalle foreste, sempre amazzoniche, gestite con dei tagli selettivi che utilizzano tecniche a ridotto impatto.

Chiaramente si tratta di una media, poiché l’accumulo di biomassa è risultato notevolmente variabile e naturalmente maggiore in siti contraddistinti da elevate precipitazioni ed elevata fertilità del suolo.

Attenzione, tuttavia, a trarre conclusioni affrettate. Il fatto che la rigenerazione, in alcuni siti, sia piuttosto rapida, non ci autorizza a poter pianificare uno sfruttamento intensivo di queste foreste in virtù della loro capacità di accumulare biomassa e sequestrare anidride carbonica. Si tratta comunque di foreste secondarie che, seppur ricresciute ed apparentemente vigorose, non presenteranno mai la stessa composizione specifica che le caratterizzava prima del disturbo e sicuramente avranno perso alcuni anelli della catena trofica.

Le giuste conclusioni da trarre riguardano invece le indicazioni gestionali da mettere in atto. Questo studio ha infatti consentito di creare una mappa del recupero di biomassa e del sequestro di carbonio nella regione neotropicale. Così, se nelle foreste del Centro America e di gran parte dell’Amazzonia, caratterizzate da un alto potenziale di recupero, è giusto pianificare interventi di restauro e riforestazione, nelle foreste di Messico e Brasile nord-orientale caratterizzate da una stagione fortemente arida è probabilmente più opportuno puntare sulla conservazione dei lembi residui.

Questa ricerca verrà pubblicato l’11 Febbraio su Nature.

© RIPRODUZIONE RISERVATA