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La siccità potrebbe minacciare molte parti del pianeta e in particolare il Mediterraneo

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 20.10.2010

SiccitàGli Stati Uniti e molti altri paesi densamente popolati potrebbero dover fronteggiare una crescente minaccia di siccità grave e prolungata nei decenni a venire, secondo i risultati di un nuovo studio di Aiguo Dai, del Centro Nazionale per le Ricerche Atmosferiche (NCAR) degli Stati Uniti.

Un’analisi dettagliata conclude che l’aumento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici creerà probabilmente condizioni sempre più secche in vaste aree popolate del mondo nei prossimi 30 anni.

La siccità potrà raggiungere dei picchi in alcune regioni entro la fine del secolo che sono stati raramente, se non mai, registrati in tempi moderni.

Utilizzando un insieme di 22 modelli matematici e un indice completo delle condizioni di siccità, nonché analisi e studi pubblicati in precedenza,  la ricerca riferisce che entro il 2030 la siccità è destinata ad aumentare sensibilmente nella maggior parte dell’emisfero occidentale, insieme a gran parte di Eurasia, Africa e Australia.

Con la fine di questo secolo, molte delle regioni più densamente popolate del mondo saranno a rischio di gravi ondate di siccità. Al contrario, le regioni a latitudini alte, dall’Alaska alla Scandinavia, saranno destinate a diventare più umide.

Dai ha avvertito che le conclusioni si basano sulle più attuali proiezioni delle emissioni di gas a effetto serra.

Quello che succederà nei prossimi decenni dipenderà da molti fattori, tra cui le reali future emissioni di gas serra, così come i cicli climatici naturali come El Niño.

Le nuove ricerche compariranno questa settimana come parte di un articolo più ampio in Wiley Interdisciplinary Reviews: Climate Change. Lo studio è stato finanziato dalla National Science Foundation (NSF), sponsor del NCAR.

“Questa ricerca fa un ottimo lavoro di posizionamento delle future siccità indotte dal riscaldamento climatico nel contesto di serie storiche, che registrano le siccità avvenute nel passato”, dice Eric DeWeaver, dell’NSF. “Inoltre, mostra in modo credibile che le peggiori conseguenze del riscaldamento globale possono venire sotto forma di una riduzione dell’acqua disponibile per le popolazioni umane.”

Mentre le proiezioni climatiche regionali sono meno sicure di quelle per il pianeta nel suo complesso, lo studio di Dai indica che la maggior parte dei paesi occidentali e due terzi degli Stati Uniti sarà notevolmente più secco entro il 2030.

“Siamo di fronte alla possibilità di siccità diffusa nei prossimi decenni, ma questo pericolo deve essere ancora pienamente riconosciuto sia dal pubblico che dalla comunità scientifica che studia il cambiamento climatico” dice Dai. “Se le proiezioni dello studio sono anche solo vicine a ciò che accadrà, le conseguenze per le società di tutto il mondo saranno enormi”.

I paesi e i continenti che potrebbero dover far fronte a notevoli condizioni di siccità sono:

  • Gran parte dell’America Latina, tra cui ampie fasce di Messico e Brasile
  • Regioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, che potrebbe diventare particolarmente secco
  • Ampie parti dell’Asia sud-occidentale
  • La maggior parte di Africa e Australia, con condizioni particolarmente secche nelle regioni africane
  • Sud-Est asiatico, comprese parti della Cina e dei paesi vicini
  • Lo studio rileva inoltre che il rischio siccità potrebbe calare durante questo secolo in gran parte del Nord Europa, Russia, Canada e Alaska, così come alcune zone nel sud del mondo.

In ogni caso, tutte le zone del globo terrestre dovrebbero essere interessate da maggiore siccità.

“L’aumento di umidità alle latitudini settentrionali, scarsamente popolate, non può eguagliare la disidratazione delle aree temperate più densamente popolate e tropicali,” dice Dai.

La valutazione del 2007 da parte del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) aveva concluso che le aree subtropicali vedranno probabilmente una riduzione delle precipitazioni, mentre le aree a latitudini alte vedranno maggiori precipitazioni.

Inoltre, studi precedenti hanno indicato che il cambiamento climatico può  già star rendendo  più aride alcune regioni (e gli incendi in Russia e in California potrebbero essere un’anticipazione di questo fenomeno).

Dai e colleghi hanno trovato che la percentuale di superficie terrestre colpita da grave siccità è più che raddoppiata dal 1970 all’inizio degli anni 2000. L’anno scorso, sempre Dai ha guidato un team di ricerca che ha rivelato che alcuni dei principali fiumi del mondo stanno vedendo ridotta la propria portata.

Nel suo nuovo studio, Dai si è spostato dalla quantità delle precipitazioni alla siccità, e si è posto una domanda di fondo: come influirà il cambiamento climatico sulla siccità nel prossimo futuro?

Precipitazioni e siccità non sono, infatti, automaticamente collegate. Precipitazioni brevi e di minore entità possono o meno produrre condizioni di siccità, a seconda di quanto fa caldo, quanto velocemente l’umidità evapora, e altri fattori.

Le siccità sono eventi complessi che possono essere associati alla riduzione delle  precipitazioni, alla caratteristica del terreno, alle riserve di acqua dolce in una determinata regione e così via.

Un metodo diffuso per misurare le siccità si chiama Palmer Drought Severity Index, che classifica la dimensione di una siccità dal monitoraggio delle precipitazioni, dall’evaporazione nel tempo dell’acqua e da una variabile legata al luogo geografico.

Dai ha utilizzato l’indice Palmer ai risultati da tutti i 22 modelli utilizzati dall’IPCC nel suo rapporto del 2007 per raccogliere le proiezioni su temperatura, precipitazioni, umidità, velocità del vento e irraggiamento su tutta la Terra, basate sulle proiezioni disponibili di emissione di gas serra.

Ha poi inserito le informazioni nei modelli per il calcolo dell’indice Palmer. Una lettura da 0,5 a -0,5 per l’indice indica condizioni normali, mentre valori pari o inferiori a -4 indicano siccità estreme.

L’indice varia da 10 a -10 per le condizioni climatiche attuali, anche se le letture sotto -6 sono estremamente rare, anche per piccole aree.

Entro il 2030, i risultati hanno indicato che alcune regioni potrebbero incontrare condizioni particolarmente gravi, con letture potenzialmente calo a -4 e a -6 in gran parte della parte  centro-occidentale degli Stati Uniti, e – 8 o inferiore in alcune zone del Mediterraneo.

Entro la fine del secolo, molte zone popolate, comprese parti degli Stati Uniti e d’Europa, potrebbero far segnare letture nella gamma da -8 a -10, e gran parte del Mediterraneo potrebbe scendere da -15 a -20. Letture di questo tipo sono quasi senza precedenti.

Dai, tuttavia, avverte che i modelli climatici globali restano disomogenei nel cogliere i cambiamenti delle precipitazioni e di altri fattori atmosferici, in particolare su scala regionale. Quindi è inutile chiedersi se l’Italia, o addirittura quale regione d’Italia, sarà interessata da questi fenomeni. Piuttosto, occorre iniziarsi a preoccupare perché questi fenomeni estremi è molto probabile che avvengano nel bacino del Mediterraneo.

Ci sono anche incertezze legate a quanto efficace possa essere l’indice di Palmer nel catturare la corretta gamma di condizioni climatiche. L’indice, infatti, potrebbe sopravvalutare intensità delle siccità nei casi più estremi, spiega Dai.

D’altra parte, l’indice può sottovalutare la perdita di umidità del suolo dovuta a più brevi precipitazioni.

Queste tendenze in diminuzione delle precipitazioni sono già state osservate negli Stati Uniti e in diverse altre aree negli ultimi anni, spiega Dai, che conclude: “Il fatto che l’indice di siccità potrebbe non funzionare del 21-simo secolo è di per sé un segnale preoccupante”.

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