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Nuove particelle radioattive dal disastro nucleare di Fukushima

Scritto da Leonardo Debbia il 07.03.2018

Il disastro nucleare di Fukushima fa ancora parlare di sé, purtroppo. L’uranio e altri materiali radioattivi, quali il cesio e il tecnezio, sono stati ritrovati in piccole particelle rilasciate dai reattori nucleari di Fukushima Daiichi.

Questo significa che l’impatto ambientale derivante dalla ricaduta (o fall out) potrebbe avere una durata molto più lunga di quanto era stato previsto finora, stando ad un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori, il cui gruppo più cospicuo è formato dagli scienziati dell’Università di Manchester, nel Regno Unito.

Raccolta di detriti radioattivi in aree distanti chilometri dalla centrale (crediti: Università di Manchester)

Raccolta di detriti radioattivi in aree distanti chilometri dalla centrale (crediti: Università di Manchester)

Gli studiosi sostengono che è la prima volta che la ricaduta di residui del carburante del reattore nucleare nell’ambiente circostante l’area coinvolta dall’esplosione è stata ‘esplicitamente rilevata’ dallo studio svolto.

I ricercatori hanno esaminato frammenti estremamemte piccoli di detriti, delle dimensioni di microparticelle, rilasciati durante il disastro nucleare del 2011.

Dalle analisi accuratamente svolte è stato così scoperto che microparticelle ricche di cesio erano associate all’uranio proveniente dal combustibile nucleare, emesse dai reattori della centrale durante i crolli seguiti all’evento principale.

Le particelle trovate misurano soltanto cinque micrometri, o anche meno; in pratica, sono venti volte minori dello spessore di un capello umano e proprio queste dimensioni costituiscono un serio pericolo per gli esseri umani, perchè facilmente inalabili.

I frammenti dei detriti del reattore sono stati rinvenuti all’interno della zona di esclusione nucleare, nei terreni delle risaie e in un centro di acquacoltura abbandonato, situato a diversi chilometri dalla centrale nucleare.

Fino ad oggi si pensava che solo i radionuclidi volatili o gassosi, come il cesio e lo iodio, potessero essere rilasciati dai reattori danneggiati, ma ora è stato accertato che sono state emesse anche piccole particelle solide e che alcune di queste contengono radionuclidi molto longevi.

Un esempio per tutti è l’uranio, che ha un’emivita di miliardi di anni!

Il dottor Gareth Law, docente di Radiochimica analitica presso l’Università di Manchester e autore dell’articolo relativo alla ricerca, afferma: “Il nostro studio sostiene con forza la necessità di un’indagine dettagliata sui detriti del carburante di Fukushima, sia all’interno che al di fuori della zona di esclusione nucleare. Mentre si capisce quanto possa essere difficilie ottenere campioni da un ambiente così contaminato, al tempo stesso è evidente che ulteriori studi non potranno che migliorare la nostra comprensione del comportamento sul lungo termine delle nanoparticelle di detriti del carburante e del loro impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi”.

Al momento, è praticamente impossibile ottenere i dati chimici su questi detriti, situati come sono all’interno dei reattori nucleari danneggiati, a causa dell’alto livello di radiazioni che permangono.

Le microparticelle trovate dal team internazionale di ricercatori forniranno comunque i primi indizi vitali sulle sfide della disattivazione che ancora ci attendono.

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