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Stop al consumo di suolo: un nuovo traguardo per l’Europa

Il documento, lanciato dalla Commissione Europea, pone come obiettivo un consumo pari a zero entro il 2050

Scritto da Ada Caserta il 17.01.2013

Entro il 2050 l’Europa dovrà impegnarsi a occupare una quantità di suolo pari a zero. Il campanello d’allarme è stato lanciato attraverso il documento ‘Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo’.

Central park, New York. Uno degli esempi più noti di verde cittadino all'interno di una grande città

Central park, New York. Uno degli esempi più noti di verde cittadino all’interno di una grande città

Il portavoce dell’iniziativa è il commissario europeo per l’ambiente Janez Potočnik. “La posa di superfici impermeabili nel contesto dell’urbanizzazione e del cambiamento d’uso del terreno, con conseguente perdita di risorse del suolo, rappresenta una delle grandi sfide ambientali per l’Europa di oggi” afferma Potočnik nel documento.

Secondo la Commissione Europea il presupposto essenziale per il raggiungimento di tale obiettivo è la collaborazione tra le pubbliche autorità competenti. Oltre ai settori preposti alle questioni ambientali, dovranno collaborare gli stessi enti locali che sono a diretto contatto con il territorio. La riduzione di consumo di suolo deve essere interpretata come un’esigenza dell’intera comunità che vive e utilizza quel terreno.

A causa del boom economico, tra gli anni cinquanta e sessanta, non solo in Italia, ma in tutto il Vecchio Continente, si registrò il fenomeno della crescita demografica e come conseguenza si innescò il fenomeno dell’urbanizzazione. Lo spostamento dalle campagne alle città spesso avvenne in maniera sregolata senza seguire corretti piani di espansione urbanistica. Nacquero così nuovi quartieri periferici per soddisfare le crescenti esigenze della popolazione.

Oggi il fenomeno dell’espansione fuori dalla città continua a prendere il sopravvento, molti si allontanano dal caos cittadino e preferiscono la tranquillità delle aree periurbane, dotate allo stesso modo di servizi. Il fenomeno prende il nome di sprawl. Con questo termine si intende la diffusione della città e del suo suburbio su una quantità sempre maggiore di terreni agricoli alla periferia di un’area urbana. Ciò comporta nel tempo la trasformazione di spazi aperti e rurali in aree edificate e urbanizzate. 

La conoscenza dei chilometri quadrati di espansione urbana – misurabile con lo sprawl – è considerata un indicatore chiave della minaccia nei confronti dell’ambiente naturale, della produttività agricola, della qualità della vita per le persone che vivono in città e negli insediamenti rurali nei pressi delle città. È dunque una fonte utile per misurare con precisione la perdita di terreni rurali a favore dell’urbanizzazione. La cosa negativa è che si tratta letteralmente di una ‘spalmatura urbana’ caratterizzata dalla suddivisione del territorio in aree omogenee urbane e dall’utilizzo delle automobili come principale mezzo di trasporto, senza considerare la necessaria richiesta di infrastrutture di trasporto, la cui costruzione rende il terreno impermeabile.
Il documento della Commissione infatti tende a sottolineare come una pianificazione territoriale di qualità richiede di mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo.

A questo proposito Potočnik sostiene, all’interno del documento, come “l’impermeabilizzazione del suolo comporta un rischio accresciuto di inondazioni e di scarsità idrica, contribuisce al riscaldamento , minaccia la biodiversità e suscita particolare preoccupazione allorché vengono ad essere ricoperti terreni agricoli fertili.
Dobbiamo utilizzare il suolo in modo più intelligente – continua Potočnik – se vogliamo salvaguardare e trasmettere alle generazioni future le sue molteplici funzioni vitali. Sono convinto che i presenti orientamenti possano costituire un utile strumento per operare in questa direzione”.

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