Obiettivo della Commissione è aggiornare il quadro normativo che regola la gestione delle acque internazionali, tracciare un quadro approfondito dello stato di salute degli oceani e proporre nuovi modelli di sviluppo sostenibile. Il risultato dello studio verrà presentato a Città del Capo il 13 marzo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Cambiare le leggi
La revisione delle leggi che tutelano i mari sono frammentarie e inadeguate ai rapidi cambiamenti tecnologici. Un esempio su tutte, la United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) , redatta nel 1982, quando ancora molte tecniche di pesca invasive e altamente tecnologiche non esistevano. Da 30 anni non è stato fatto alcun aggiornamento e il resto del panorama normativo è vasto quanto frammentario. Ciascun Paese dispone di una propria legislazione in materia ambientale, con diversi concetti di tutela delle aree marine. In alcune di esse è proibita qualsiasi attività antropica, dalla pesca alle estrazioni, che invece sono consentite in altre, pur se regolamentate. La gestione delle terre emerse come dei mari deve essere rivista in un’ottica globale, poiché le minacce all’ambiente e le conseguenze riguardano tutti.

Per questo la Commissione, formata da membri di governi, politici, scienziati ed economisti, intende ricomporre un quadro normativo che tuteli la biodiversità e che stimoli un uso sostenibile delle risorse.
La storia degli ultimi 50 anni ha insegnato che politiche come i sussidi per la pesca hanno sortito un effetto deleterio per le risorse ittiche, favorendo lo sviluppo di grandi flotte con a bordo sofisticati mezzi (come il sonar) che in pochi anni hanno drasticamente ridotto le risorse ittiche, sia per la quantità del pesce, sia per l’assoluta mancanza di selezione del pescato.
Alcune di queste flotte, a detta di alcuni membri della Commissione, sono implicate in affari illeciti come il traffico di esseri umani e il contrabbando, ma la mancanza di una normativa internazionale le favorisce: se condannate da uno Stato, semplicemente cambiano bandiera e si spostano in altre acque.
Dunque l’esigenza di una nuova Law of the Sea è non solo ambientale, ma presenta anche urgenze di carattere economico e sociale.
Le minacce per gli Oceani
Allo studio di nuove leggi, la Commissione affianca anche quello prettamente scientifico, con analisi degli oceani dalle coste agli abissi, per fare il punto sulla biodiversità esistente e sullo stato di salute delle acque.
I cambiamenti climatici degli ultimi decenni hanno causato tre fenomeni fra loro connessi: l’aumento delle temperature, la riduzione dell’ossigeno e l’acidificazione.
L’aumento delle temperature, graduale ma progressivo, ha effetti sulla distribuzione delle specie marine: molte di esse si sono spostate a latitudini più elevate, un fenomeno che s’intreccia all’invasione di specie aliene in habitat marini con conseguenti danni per gli endemismi. Ma per quegli organismi, come i coralli, che non si possono spostare, l’aumento della temperatura degli oceani è ancora più dannoso e l’impatto è immediato. L’altra minaccia dovuta ai cambiamenti climatici è la riduzione dell’ossigeno nelle acque, in alcune aree tale da impedire la sopravvivenza di specie marine. Infine l’acidificazione: gli oceani assorbono l’anidride carbonica che, aumentata a livello esponenziale a causa delle attività antropiche, ha cambiato il ph delle acque minacciando tutti quegli organismi costituiti in parte da carbonato di calcio (i gusci dei molluschi, le conchiglie e i coralli).
A queste minacce climatiche si aggiungono a quelle direttamente imputabili direttamente all’uomo: gli idrocarburi sedimentatisi sul fondale oceanico a causa dell’inquinamento, e il rumore, prodotto dal traffico marittimo, che arreca forti disagi ai cetacei.
Tante dunque le sfide da affrontare per una gestione oculata degli oceani, soprattutto per un approccio globale che ottimizzi i risultati. Quello della Commissione sarà un compito arduo, ma la sua composizione e la partecipazione di molti Stati fa ben sperare.
La commissione
La Commissione è presieduta dal ministro degli Esteri britannico David Miliband, l’ex presidente del Costa Rica Jose Maria Figueres e dal Ministro del Sud Africa Trevor Manuel.
La composizione della Commissione denota un approccio ampio e trasversale all’economia, la politica e la tutela ambientale: i ministri dell’ambiente di Nigeria, Australia, Giappone, Spagna; i ministri della Finanza di Cile e Indonesia; il direttore del World Trade Organisation, oltre a specialisti in economia sostenibile come Sir Ratan Tata.
Alla Commissione si affiancano istituti di ricerca e associazioni ambientaliste: il Pew Environment Group, il Somerville College dell’Università di Oxford , l’Adessium Foundation e l’ Oceans 5.
Approcci metodologici diversi per un obiettivo comune: la salvaguardia degli oceani come fonte di salute per l’uomo e l’ambiente, oltre che fonte di sostentamento per una popolazione mondiale in crescita.