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Il camoscio appenninico torna ai Monti Sibillini

Scritto da Federica di Leonardo il 20.08.2012

Liberazione di una camoscio da cassetta al Monte Bove. Per gentile concessione del Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Nei giorni scorsi 3 camosci appenninici sono stati liberati nel Parco dei Monti Sibillini.
I 3 individui vanno ad aggiungersi ai 35 già presenti nel Parco. I camosci sono stati reintrodotti nel Parco dei Monti Sibillini grazie al progetto LIFE COORNATA finanziato con fondi europei. Entro la fine del progetto si prevede che altri 7 individui siano trasferiti nel Parco. Per il direttore del Parco dei Monti Sibillini, Franco Perco, osservare i camosci è un’occasione speciale per educare e affinare una coscienza ambientale ed è fondamentale che per far questo si sia guidati da personale qualificato. Se avvisterete i vostri primi camosci accompagnati da un guida che saprà farvi apprezzare quel momento, sarà probabilmente un ricordo speciale a cui potrete tornare con gratitudine.

Il direttore del Parco, Franco Perco, ci ha spiegato che questo trasferimento di camosci è particolare per svariati motivi. Il primo è che il Parco dei Monti Sibillini è piuttosto distante dagli altri due parchi che ospitano le altre colonie di camosci. I primi trasferimenti sono avvenuti nel 2008. Tutti i trasferimenti sono avvenuti dalla storica località della Val di Rose nel Parco Nazionale d’Abruzzo o da Aree faunistiche dei tre Parchi coinvolti nle progetto e cioè il medesimo Parco dei Sibillini, il Parco Nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga e il Parco Nazionale della Majella. Questo è il primo trasferimento effettuato dalla Majella e oltretutto con metodi innovativi. Per la prima volta infatti, invece della tele-anestesia che viene effettuata con fucili lancia siringhe, i camosci sono stati catturati utilizzando la up-net, una sorta di recinto che si solleva rapidamente attraverso un comando azionato a distanza. Questo sistema permette di catturare contemporaneamente più individui appartenenti allo stesso branco che, rilasciati insieme, hanno più favorevoli condizioni di adattamento al nuovo ambiente. I camosci catturati alla Majella con questo metodo sono stati 4. Una femmina è stata marcata e liberata subito in quanto in fase di allattamento.

Area faunistica di Bolognola (PNMS). Il veterinario Luca Brugnola del CFS e alla sua sinistra il Capo Progetto Life CoOrnata Franco Mari. Per gentile concessione del Parco dei Monti Sibillini

La popolazione dei Sibillini. “La popolazione è composta ora da 38 elementi e la situazione può dirsi abbastanza avanzata” ha spiegato Franco Perco.” Infatti quest’anno si è riprodotta una femmina nata al parco, quindi non proveniente dagli altri parchi, dell’età di due anni. Questo è un segnale che stiamo lavorando bene, che la popolazione è in buona salute e che le condizioni ambientali sono favorevoli. Tanto più che le femmine di camoscio si riproducono in genere a partire dal terzo anno di vita.”

Il progetto è seguito dall’Università di Siena, cioè dal prof. Sandro Lovari e dal suo gruppo e dal Project Manager Franco Mari.

“Anche con le nascite abbiamo degli ottimi risultati,” ha aggiunto Perco. “Ci sono state sette nascite vitali l’anno scorso con una sola morte di un piccolo di una femmina anziana. E quattro nascite invece c’erano state l’anno precedente. Considerando l’incremento del 15% non è lontano l’obiettivo dei 90-100 animali”, ha continuato il direttore, “con il quale ci si considera fuori pericolo dall’estinzione per motivi genetici. Inoltre con 90-100 animali abbiamo le classi sociali adeguatamente rappresentate.”

Perchè il camoscio ai Monti Sibillini? Una terza colonia di camosci sui Monti Sibillini aumenta la probabilità che questa specie non si estingua. Infatti il camoscio appenninico costituisce una delle entità faunistiche più rare in Italia, tanto da essere protetto da normative europee ed essere classificato come “vulnerabile” nella lista rossa dei mammiferi dell’IUCN. Attualmente, in Italia e quindi nel Mondo, si conta una popolazione di circa 1500 individui.
Avere diverse colonie disgiunte, attualmente quella del Parco d’Abruzzo (Lazio e Molise), quella della Majella e del Gran Sasso, la nascente ai monti Sibillini, e poiché anche prossimamente si tenterà la reintroduzione anche al Parco Regionale del Velino – Sirente in Abruzzo, “significa eliminare una serie di rischi, aumentare la variabilità intrinseca ed avere quindi una maggiore possibilità di evitare l’estinzione”, ha spiegato Perco. Nel progetto LIFE si può leggere infatti che fra i motivi della creazione delle nuove colonie ci sono: il limitato numero e dimensione delle popolazioni e scarsa variabilità genetica; l’attuale modesto incremento della popolazione nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e le interazioni sanitarie a rischio.

I camosci dei Sibillini godono per ora di ottima salute e sono quasi tutti monitorati con collare GPS. Con gli allevatori c’è già un’ottima collaborazione, sono stati distribuiti prodotti medicamentosi ed è stato garantito un facilitato accesso al presidio sanitario esistente. “Certo noi sappiamo bene cosa succede nel territorio di nostra competenza, ma purtroppo non sappiamo ciò che succede fuori” ha detto il direttore.

Andare in natura. La conservazione non è il solo motivo per cui il direttore Franco Perco, fra l’altro autore del libro Andare in natura, è lieto di accogliere i camosci al Parco dei Monti Sibillini. “La specie in sé” commenta il direttore “è una della più importanti per un parco che abbia un occhio attento all’ecoturismo. E’ attraente e contattabile anche se con un po’ di fatica, ha una notevole gamma di comportamenti osservabili, stimolando le capacità di osservazione dei turisti e una loro maggiore sensibilità: a parte lo stambecco non c’è un’altra specie che può servire tanto bene a tale scopo. Noi abbiamo bisogno di un turismo di qualità che sia in cerca di cose belle.”
“L’approccio a questo animale deve essere fatto con la coscienza e con il cuore. Bisogna avvicinarsi agli animali non pensando che noi siamo buoni, ma cercando di capire che cosa loro capiscono dal nostro comportamento. Le nostre buone intenzioni non valgono niente”, ci tiene a precisare Perco.

“E’ importante rispettare le prescrizioni già esistenti e suggerisco caldamente di dotarsi di una guida del parco che è in grado di fare una lezione appassionata su questi animali. Andare a vedere i camosci senza sapere di cosa si tratta è come andare a bere un vino di qualità senza saperne nulla.
“I camosci da noi nascono grossomodo attorno a metà maggio (poco prima e poco dopo) e quello è un momento molto delicato in cui bisognerebbe lasciarli in pace. Abbiamo comunque una regolamentazione che prevede il divieto di accesso in un determinato periodo invernale e estivo per una superficie di non più di 100 ettari che sono stati scelti sulla base della tracciatura dei GPS.”

Se dunque volete fare l’esperienza in prima persona di osservare i camosci nella terra della Sibilla potete trovare informazioni sul sito del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

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