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Contestato lo studio sul "genoma dei centenari"

Scritto da Michele Donà il 08.07.2010

Ad una sola settimana dalla sua pubblicazione su Science, viene pesantemente contestata la ricerca della Boston University su quello che è stato definito il “genoma dei centenari“. La ricerca avrebbe (a questo punto il condizionale è d’obbligo) identificato un gruppo di 150 geni che potrebbero spiegare l’estrema longevità di alcune persone.
In un articolo apparso ieri su Newsweek, si mette in forte dubbio la metodologia utilizzata per i test.

Il principale imputato sembra essere un microarray di DNA, comunemente chiamato DNA chip, lo strumento usato per mappare la sequenza di DNA di una cellula; in particolare il DNA chip 610-Quad, utilizzato per analizzare parte dei campioni, sembra presentare dei problemi al punto tale che i risultati dell’intero studio possano essere messi in dubbio.
Abitualmente, in questo genere di studi, si utilizzano i DNA chip per mappare il genoma di un gran numero di individui cercando i tratti che sono comuni ai soggetti della ricerca (in questo caso i centenari) e non presenti nei soggetti di controllo.
I DNA chip sono diversi tra loro e ogni “tipo” ha delle caratteristiche particolari di cui è necessario tenere conto durante lo studio, ne consegue che per l’analisi dei campioni e dei soggetti di controllo è indispensabile utilizzare il medesimo DNA chip. Nello studio in questione, la maggior parte delle analisi è stata effettuata con il chip 370 e una parte di esse con il 610-Quad.

Paola Sebastiani, la ricercatrice che ha condotto lo studio (che ricordiamo essere durato dieci anni), ha dichiarato che il “cambio” di chip si è reso necessario a causa del fatto che, in corso d’opera, il chip 370 è uscito di produzione e che il 610-Quad era l’opzione migliore.

Il genetista Kári Stefánsson che in passato ha usato il chip 610-Quad, afferma che esso presenta una strana anomalia nell’identificazione di due delle principali posizioni del genoma identificate come correlate all’invecchiamento nello studio della Boston University( rs1036819 e rs1455311). Questa coppia di alleli è  solitamente presente in una forma minore ed in una forma maggiore, il chip 610-Quad identifica sempre la forma minore e non quella maggiore, se il chip viene utilizzato principalmente nei soggetti campione e non nei “controlli” l’errore porta a conclusioni errate trovando una correlazione che in realtà non esiste.

Il risultato ottenuto nello studio dovrebbe essere verificato da un’equipe esterna utilizzando un unico tipo di gene-chip, in questo modo è possibile confermare o smentire i dati presentati su Science.

Un’altra obiezione sollevata è data dal fatto che il campione (i centenari) e il gruppo di controllo (non centenari) erano numericamente pressoché equivalenti, mentre in realtà i centenari nella popolazione sono circa uno su seimila.

Un’ora dopo la pubblicazione dell’articolo su Newsweek, è arrivata la replica da parte degli autori della ricerca: “Dalla pubblicazione del nostro studio su Science, che è stato ampiamente verificato, è stato evidenziato un problema su due elementi della scoperta. Uno ha a che fare con due delle 150 varianti genetiche incluse nel modello di previsione, mentre l’altro è legato ai criteri usati per determinare la rilevanza delle singole varianti. Sulla prima questione, siamo consapevoli che c’è un errore tecnico nella prova di laboratorio utilizzate per circa il 10% del campione dei centenari che ha coinvolto due delle 150 varianti. La nostra analisi preliminare suggerisce che l’errore apparente non dovrebbe inficiare la precisione complessiva del modello. Poiché il problema è stato sollevato dopo la pubblicazione del documento, ora stiamo accuratamente riesaminando le analisi.
Un’altra questione che è stata sollevata riguarda i criteri utilizzati per determinare se un’associazione tra una variante genetica e la longevità eccezionale era statisticamente significativa. Per le analisi abbiamo usato metodi standard e siamo fiduciosi che siano stati utilizzati i criteri corretti
“.

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