Ad una sola settimana dalla sua pubblicazione su Science, viene pesantemente contestata la ricerca della Boston University su quello che è stato definito il “genoma dei centenari“. La ricerca avrebbe (a questo punto il condizionale è d’obbligo) identificato un gruppo di 150 geni che potrebbero spiegare l’estrema longevità di alcune persone.
In un articolo apparso ieri su Newsweek, si mette in forte dubbio la metodologia utilizzata per i test.
Il principale imputato sembra essere un microarray di DNA, comunemente chiamato DNA chip, lo strumento usato per mappare la sequenza di DNA di una cellula; in particolare il DNA chip 610-Quad, utilizzato per analizzare parte dei campioni, sembra presentare dei problemi al punto tale che i risultati dell’intero studio possano essere messi in dubbio.
Abitualmente, in questo genere di studi, si utilizzano i DNA chip per mappare il genoma di un gran numero di individui cercando i tratti che sono comuni ai soggetti della ricerca (in questo caso i centenari) e non presenti nei soggetti di controllo.
I DNA chip sono diversi tra loro e ogni “tipo” ha delle caratteristiche particolari di cui è necessario tenere conto durante lo studio, ne consegue che per l’analisi dei campioni e dei soggetti di controllo è indispensabile utilizzare il medesimo DNA chip. Nello studio in questione, la maggior parte delle analisi è stata effettuata con il chip 370 e una parte di esse con il 610-Quad.
Paola Sebastiani, la ricercatrice che ha condotto lo studio (che ricordiamo essere durato dieci anni), ha dichiarato che il “cambio” di chip si è reso necessario a causa del fatto che, in corso d’opera, il chip 370 è uscito di produzione e che il 610-Quad era l’opzione migliore.
Il genetista Kári Stefánsson che in passato ha usato il chip 610-Quad, afferma che esso presenta una strana anomalia nell’identificazione di due delle principali posizioni del genoma identificate come correlate all’invecchiamento nello studio della Boston University( rs1036819 e rs1455311). Questa coppia di alleli è solitamente presente in una forma minore ed in una forma maggiore, il chip 610-Quad identifica sempre la forma minore e non quella maggiore, se il chip viene utilizzato principalmente nei soggetti campione e non nei “controlli” l’errore porta a conclusioni errate trovando una correlazione che in realtà non esiste.
Il risultato ottenuto nello studio dovrebbe essere verificato da un’equipe esterna utilizzando un unico tipo di gene-chip, in questo modo è possibile confermare o smentire i dati presentati su Science.
Un’altra obiezione sollevata è data dal fatto che il campione (i centenari) e il gruppo di controllo (non centenari) erano numericamente pressoché equivalenti, mentre in realtà i centenari nella popolazione sono circa uno su seimila.
Un’ora dopo la pubblicazione dell’articolo su Newsweek, è arrivata la replica da parte degli autori della ricerca: “Dalla pubblicazione del nostro studio su Science, che è stato ampiamente verificato, è stato evidenziato un problema su due elementi della scoperta. Uno ha a che fare con due delle 150 varianti genetiche incluse nel modello di previsione, mentre l’altro è legato ai criteri usati per determinare la rilevanza delle singole varianti. Sulla prima questione, siamo consapevoli che c’è un errore tecnico nella prova di laboratorio utilizzate per circa il 10% del campione dei centenari che ha coinvolto due delle 150 varianti. La nostra analisi preliminare suggerisce che l’errore apparente non dovrebbe inficiare la precisione complessiva del modello. Poiché il problema è stato sollevato dopo la pubblicazione del documento, ora stiamo accuratamente riesaminando le analisi.
Un’altra questione che è stata sollevata riguarda i criteri utilizzati per determinare se un’associazione tra una variante genetica e la longevità eccezionale era statisticamente significativa. Per le analisi abbiamo usato metodi standard e siamo fiduciosi che siano stati utilizzati i criteri corretti“.