CIWF Italia Onlus denuncia gli alti livelli di antibiotico-resistenza nei polli da allevamento e con un’infografica denuncia l’informazione fuorviante dell’industria avicola che pubblicizza invece un pollo “sano e Made in Italy”.
Il pollo che arriva sulla nostra tavola è un potenziale veicolo di batteri antibiotico-resistenti. E’ quanto emerge da un report del Ministero della Salute che analizza polli e tacchini degli allevamenti italiani. I dati del report sono ritenuti dalla Federazione Nazionale Ordini Veterinari, la FNOVI, come “alquanto allarmanti”. E in effetti nel report si legge che nei campioni analizzati:
Destano inoltre preoccupazione gli alti livelli di resistenza, anche multipla, agli antibiotici, compresi quelli di importanza critica per l’uomo. Nello specifico, ad esempio, il 90,04% degli isolati di Campylobacter jejuni ha mostrato resistenza ai fluorochinolonici e il 5,36% ha mostrato resistenza multipla.
Nel caso della Salmonella, l’83,15% dei ceppi isolati nei campioni ha mostrato resistenza ai fluorochinolonici, l’82,02% alle tetracicline (la classe di antimicrobici più venduta in Italia), il 3,37% alle cefalosporine di 3° e 4° generazione e il 78,65% degli isolati ha mostrato resistenza multipla.
Per Escherichia Coli la resistenza ai fluorochinolonici è presente nel 67,65% dei campioni, la resistenza alle cefalosporine di 3° e 4° generazione nel 6,47%. Inoltre l’80,59% ha mostrato resistenza multipla.
Infine, per gli isolati di Escherichia coli produttori di ESBL o AmpC o carbapenemasi il 95,08% ha mostrato resistenza multipla con il 64,34% di resistenza multipla a 5 o più diverse classi di antimicrobici contemporaneamente.
Secondo CIWF Italia l’uso massiccio di antibiotici è connesso con le condizioni di allevamento. Dichiara infatti Annamaria Pisapia, Direttrice dell’associazione che si occupa di benessere degli animali negli allevamenti: “L’uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti di polli è necessario perché le difese immunitarie degli animali sono estremamente ridotte dalla selezione genetica e dalle condizioni di allevamento, tra cui le altissime densità. Il miglioramento delle condizioni ambientali da solo non basta a risolvere questo problema: solo lavorando anche sugli aspetti di selezione delle razze (optando per animali ad accrescimento più lento) e sulla riduzione delle densità sarà possibile ridurre l’uso di antibiotici e tenere sotto controllo il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, che attualmente rappresenta una vera e propria minaccia per la salute pubblica. Nessun interesse commerciale dovrebbe avere la priorità rispetto alla salute dei cittadini italiani.”
Ma per l’industria avicola le cose non starebbero così: il pollo italiano sarebbe sano ed affidabile. Per rispondere alla comunicazione edulcorata dell’industria CIWF ha realizzato un’infografica per informare correttamente i consumatori. La trovate di seguito.