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Le civiltà della tarda “età del bronzo” forse distrutte dai cambiamenti climatici

Scritto da Leonardo Debbia il 20.08.2013

I cambiamenti climatici potrebbero aver causato il crollo di fiorenti civiltà del Mediterraneo orientale verso la fine del 13° secolo a.C., secondo la ricerca pubblicata qualche giorno fa sulla rivista on line Plos ONE da David Kaniewski, dell’Università di Paul Sabatier, Tolosa, assieme a colleghi di altre istituzioni.

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Questa è la regione in cui è stato eseguito lo studio (Lago Salato e Hala Sultan Tekke, sullo sfondo). Crediti: Geological Survey del Belgio / David Kaniewski

Convenzionalmente, con “età del bronzo” si indica il periodo preistorico caratterizzato dall’uso sistematico ed esteso di questa lega e, per quanto riguarda il Vicino Oriente, si intende l’arco temporale 3300-1200 a.C., naturalmente con le necessarie approssimazioni tra le varie regioni.

Durante la tarda Età del Bronzo, attorno al 1200 a.C. circa, antiche civiltà fiorite nelle regioni del Mediterraneo orientale, quali Micenei, Egizi, Assiri, Babilonesi, Ittiti, dopo una significativa parabola ascendente, subirono abbastanza rapidamente e quasi contemporaneamente gravi crisi, per cui giunsero tutte quante al collasso.

Varie ipotesi sono state avanzate sul verificarsi di queste crisi: catastrofi naturali (tsunami, eruzioni, terremoti), innovazioni tecnologiche, crisi sociali e politiche interne.

Fonti scritte, sia i geroglifici di Medinet Habou, in Egitto, che i caratteri cuneiformi di Ugarit, in Siria, raccontano di popoli che invasero il delta del Nilo, la costa turca e le roccaforti della Siria e della Palestina, i cosiddetti “popoli del Mare”.

Nonostante l’abbondanza di letteratura in proposito, di questi invasori non conosciamo tuttavia nè il nome, né da dove venissero. Non sappiamo il motivo, né come né dove siano scomparsi, dopo le loro incursioni.

Secondo le ultime teorie, si sarebbe trattato non tanto di scorribande piratesche per il possesso delle ricchezze del Vicino Oriente, quanto piuttosto di ripetute invasioni di popolazioni in fuga da regioni rese inospitali dalla siccità conseguente ai cambiamenti climatici di quel tempo, quindi soprattutto in fuga dalle carestie e dalla fame.

Finora gli sforzi fatti per correlare questi migranti con i cambiamenti climatici non avevano avuto esito, ma ora, un team di ricercatori ha effettuato studi dettagliati sui pollini derivanti da 84 campioni di sedimenti dell’antico lago salato di Larnaca, situato vicino ad Hala Sultan Tekke, nel sud-est di Cipro.

I cambiamenti di composizione rilevati negli isotopi di carbonio sia a Cipro e in tutta l’area del Mediterraneo orientale che nelle specie vegetali locali suggeriscono che questo lago, un tempo grande porto collegato al mare, fiorente di attività commerciali, alla fine del 13° secolo a.C. si trasformò progressivamente, nell’arco di 300 anni, in un lago salato.

Correlazioni con analisi effettuate sui tassi di accrescimento di specie vegetali in Siria, permettono la ricostruzione di uno spostamento del clima verso condizioni di intensa aridità.

Combinando poi i dati dei pollini con le testimonianze archeologiche fornite dalle iscrizioni cuneiformi e dalla corrispondenza tra i sovrani che si dividevano il territorio, i quali dipingevano frequenti conflitti sia contro non meglio identificati predatori, sia rappresentanti lotte intestine, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la crisi della tarda età del bronzo, piuttosto che imputabile ad una serie di eventi non correlati, sia stata un complesso, unico evento che avrebbe avuto la principale causa scatenante nella siccità prodotta dal cambiamento radicale del clima, cui sarebbero seguite carestie, invasioni dal mare di popoli in cerca di fonti di sostentamento e inevitabili conflittualità politiche.

Gli studiosi sottolineano anche che questo evento è in stretto rapporto con la sensibilità alle variazioni climatiche di queste società, basate essenzialmente sulle risorse agricole.

Sensibilità e struttura economica, un binomio che, con il variare del clima, avrebbe portato inevitabilmente alla rovina. 

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