Fino a poco tempo fa la maggior parte dei geologi era dell’opinione che l’Istmo di Panama, la stretta striscia di terra che collega l’America del Nord con l’America del Sud, si fosse formato intorno ai 3,5 milioni di anni fa.
Nuove rilevazioni fanno ora supporre che questo evento geologico che, separando l’Atlantico dal Pacifico, ha influito così profondamente sulla storia del mondo intero, si sarebbe verificato molto tempo prima e le prove verrebbero da piante ed animali migrati tra le due parti almeno 30 milioni di anni prima di quanto si era pensato.
“La datazione dell’evento geologico, che si riteneva fosse stata eseguita con la massima precisione possibile, è di fatto sbagliata”, afferma Prosanta Chakrabarty, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Biologiche e curatore di Ittiologia presso il Museo di Scienze Naturali della Louisiana State University (LSU), che ha studiato l’evoluzione degli organismi marini e d’acqua dolce in America Centrale in collaborazione con un team di colleghi provenienti da vari Centri di ricerca, tra cui lo Smithsonian Tropical Research Institute di Panama, l’American Museum of Natural History e l’Università di Goteborg, in Svezia.
I ricercatori, che hanno pubblicato i loro studi sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, hanno scoperto il verificarsi di grandi migrazioni di animali e piante tra Nord e Sud America in tre periodi ben distinti: 41 milioni, 23 milioni e otto milioni di anni fa.
Questi picchi migratori implicano che siano stati i notevoli cambiamenti geologici in America Centrale, quali la formazione di nuove masse continentali e passaggi d’acque dolci, a favorire la migrazione delle varie specie animali e vegetali.
“Finora si riteneva che il Sud America fosse rimasto isolato fino a 3,5 milioni di anni fa e l’elevata biodiversità veniva spiegata con un tasso di variabilità che – chissà perché – doveva essere stata alquanto veloce.
Ora, considerando invece un maggiore arco temporale a disposizione, possiamo riconoscere che le specie, sia animali che vegetali, abbiano avuto l’opportunità di beneficiare di processi evolutivi più lunghi”, afferma Christine Bacon, autore associato dello studio e ricercatrice del Dipartimento di Scienze Biologiche ed Ambientali presso l’Università di Goteborg.
Ora, se dopo l’unione geologica (e quindi fisica) delle terre, specie strettamente imparentate tra loro si trovano su bordi opposti e distanti dello stretto istmo, abbiamo anche la prova che questa massa continentale tra il Nord e il Sud America è più simile ad una spugna, in cui gli organismi possono periodicamente transitare da un punto all’altro, piuttosto che ad una solida barriera che ne impedisce il movimento.
L’attuale espansione del Canale di Panama ha portato alla luce nuovi fossili che hanno indotto queste conclusioni.
“Ora sappiamo che la chiusura dell’istmo di Panama, che dovrebbe essere uno dei più grandi eventi in Geologia, è solo una parte di un puzzle realmente complicato sulle modalità di unione dei continenti”, afferma Chakrabarty, che con i colleghi dell’LSU ha mappato l’evoluzione di due importanti famiglie di pesci in America Centrale, i Ciclidi e i Poecilidi, che includono entrambe moltissime specie di pesci di acque dolci.
I ricercatori hanno raccolto campioni di pesci da tutti i paesi dell’America Centrale e ne hanno sequenziato il DNA per determinare la relazione genetica tra le specie. Abbinando la struttura scheletrica con pesci che si trovano tra i reperti fossili, hanno ricostruito l’albero evolutivo basato sul DNA e determinato l’età di ogni specie.
Perché un pesce d’acqua dolce abbia potuto migrare, deve essersi servito di un passaggio a lui adatto (fiume o canale) che scorreva – verosimilmente – su un lembo di terraferma.
L’arrivo delle specie d’acque dolci in America Centrale è una prova dei grandi cambiamenti geologici della regione.
La formazione dell’istmo di Panama, con la divisione dei due oceani, mutò l’assetto del pianeta.
Il livello del mare cambiò e così pure le correnti oceaniche, che influirono sulle temperature globali dell’aria, provocando periodi di glaciazione.
“La geologia di questa regione è complicata ed è sorprendente che le informazioni sui cambiamenti provengano dalla Biologia”, commenta Chakrabarty.