Gaianews

Scoperta la particella che ci permetterà di prevedere terremoti ed eruzioni vulcaniche

Scritto da Claudia Zucca il 26.06.2010

Un equipe di ricercatori internazionali ha individuato delle particelle subatomiche all’interno del centro della Terra. La scoperta potrebbe aiutare i geologi a capire come le reazioni che hanno luogo all’interno della Terra influenzino ciò che succede in superficie, come i fenomeni sismici e vulcanici. Un giorno gli scienziati potrebbero sapere abbastanza sulle fonti ed i flussi di calore nella Terra da riuscire a predire eventi come la recente eruzione vulcanica in Islanda.

La scoperta, fatta dall’equipe di ricerca Borexino nei laboratori del Gran Sasso all’Istituto Italiano di Fisica Nucleare, è stata riportata in un articolo pubblicato nel numero di Aprile di ” Physics Letters B”. Il lavoro si basa sulla precedente scoperta del così detto “geoneutrino”, ottenuto durante un esperimento in Giappone nel 2005.

“Questo è un grande risultato” dice Frank Calaprice, professore di fisica a Princeton e membro dell’equipe di studio. “Dimostra che i geoneutrini sono stati individuati e fermamente consolidati come un nuovo strumento per studiare l’interno della Terra”.

I neutrini, che sono particelle fondamentali senza carica, inerti, sono emesse nell’atmosfera terrestre dal sole e dai raggi cosmici che entrano. I geoneutrini sono antineutrini — equivalenti del neutrino fatti di antimateria. I geoneutrini sono originati dal decadimento radioattivo dell’uranio, del torio e del potassio nel mantello e nella crosta terrestre — lo spesso strato che si estende per 1800 miglia sotto la superficie.

Nei laboratori come il Gran Sasso, i ricercatori stanno usando degli strumenti che agiscono come telescopi per geoneutrini, cercano cioè nel centro della Terra per trovare queste curiose particelle.

Gli scienziati si aspettano che i geoneutrini li aiutino nell’identificare meglio cosa costituisce la materia profonda dentro la Terra. “è una scoperta davvero importante che racchiude molte promesse per capire meglio la composizione e il funzionamento della Terra”, dice Thomas Duffy, professore di Geologia a Princeton, che non ha partecipato alla ricerca.

Gli studiosi di scienze della Terra vorrebbero sapere di più sul ruolo cruciale che giocano gli elementi che decadono, come l’uranio e il torio nel riscaldamento della Terra e quindi nel causare le convezioni sul mantello — il lento e regolare flusso di roccia incandescente che trasporta il calore dalle grandi profondità della terra alla superficie. La convezione, guida a turno zolle tettoniche, il cui spostamento determina i fenomeni geologici osservabili dalla superficie — la deriva dei continenti, l’espansione del fondo oceanico, le eruzioni vulcaniche e i terremoti. Nessuno sa se il decadimento radioattivo domina le azioni del calore oppure se sia solo uno degli elementi tra tanti altri.

Secondo Calaprice, l’origine dell’energia prodotta dentro la Terra è una della domande fondamentali della geologia e la detenzione definita di geoneutrini nell’esperimento di Borexino conferma che la radioattività fornisce una delle più significanti frazioni di questa energia.

L’esperimento di Borexino fu in realtà disegnato per detenere neutrini solari a bassa energia, non geoneutrini. “Ma nel mentre che costruivamo l’esperimento, abbiamo realizzato che avevamo la capacità di individuare particelle che arrivavano a noi dalla radioattività interna del centro della Terra” dice Cristiano Galbiati, professore di fisica e membro dello staff di Princeton composto da 13 persone (tutto lo staff è costituito da 88 scienziati).

Il progetto di Borexino è collocato circa ad un miglio sotto la superficie del Gran Sasso, circa 60 miglia fuori Roma — il posto ideale per studiare i neutrini perché la roccia scherma i rilevatori da altri tipi di radiazioni e particelle che potrebbero confondere i dispositivi. La maggior parte del lavoro che richiede l’esperimento di Borexino consiste nell’eliminazione dei “rumori” di fondo delle radiazioni.

I Neutrini non sono difficili da individuare perché di solito passano dritti attraverso la materia, raramente interagiscono con essa. Il sensore è composto da una sfera di nylon che contiene 1000 tonnellate di idrocarburi liquidi. Uno schieramento di fotosensori è rivolto alla sfera che è rivestita all’interno di acciaio inossidabile. Tutto questo è circondato da 2400 tonnellate di acqua distillata dentro un altra sfera di acciaio che misura 59 piedi.

I neutrini solari producono un tipo di segnale quando entrano in contatto col sensore, mentre i geoneutrini ne producono un altro. I geoneutrini individuati sono circa mille volte meno dei neutrino, perciò ci sono solo alcune apparrizioni ogni anno. L’articolo descrive due anni di risultati, fino al Dicembre 2009, ma l’esperimento è ancora in corso.

L’importanza dei geoneutrini è stata teorizzata dagli scienziati negli anni sessanta, e uno studio determinante è stato compiuto da Lawrence Krauss, Sheldon Glashow e David Schramm nel 1994 che hanno dato le fondamenta a questo settore. Nel 2005 una collaborazione tra Giappone e Stati Uniti chiamata KamLAND che ha svolto un esperimento in una miniera in Giappone ha rilevato un eccesso di antineutrini a bassa energia.

Gli scienziati possono raffigurarsi un giorno in cui una serie di strutture attrezzate con i sensori per geoneutrini, collocati in punti strategici intorno al mondo, potranno sentire particelle che permetteranno di capire dettagliatamente cosa succede all’interno della Terra e come funzionano le sorgenti di calore del nucleo. Questi dati ci daranno informazioni sufficienti per prevedere fenomeni come le eruzioni vulcaniche e i terremoti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA