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Nuovo satellite per la ricerca dei pianeti extrasolari, l’Italia c’è

Un nuovo progetto internazionale a cui partecipano anche ricercatori italiani è destinato allo studio dei pianeti extrasolari

Scritto da Paolo Ferrante il 25.10.2012

Il primo pianeta extrasolare, scoperto solo nel 1995, scompigliò le carte dell’astronomia. Da quel momento è partita la corsa alla scoperta dei pianeti extrasolari in cerca dei segni che possono far dedurre la presenza di vita o delle condizioni entro cui essa può svilupparsi. Oggi un progetto internazionale a cui partecipano anche ricercatori italiani è stato presentato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ed è destinato allo studio dei pianeti extrasolari.

Lo scorso 19 ottobre è stata infatti approvata ufficialmente la fase di realizzazione di CHEOPS (che sta per CHaracterizing ExOPlanets Satellite), un telescopio spaziale che avrà il compito di fare osservazioni assai precise di stelle attorno alle quali è già nota la presenza di pianeti o di cui ci sono forti indizi.

Pianeti, extrasolari: arriva CHEOPSL’obiettivo scientifico principale di CHEOPS sarà quello di studiare la struttura di pianeti extrasolari con raggi che vanno tipicamente da 1 a 6 volte quelli della Terra e con masse fino a 20 volte quella del nostro Pianeta, in orbita attorno a stelle luminose.

“CHEOPS sarà in grado di misurare, in quella frazione di sistemi extrasolari dove i pianeti transitano davanti alla loro stella madre, la loro dimensione con grande accuratezza” dice Isabella Pagano, dell’INAFOsservatorio Astrofisico di Catania, una dei tre membri del team italiano proponente la missione. “Questo parametro è molto importante perché ci permetterà di risalire alla densità di quei pianeti e quindi alla loro struttura interna. Un’informazione decisiva per capire come i pianeti si siano formati e più in generale come siano fatti i sistemi planetari al di fuori del nostro”.

“La missione è stata selezionata, tra le 26 proposte a ESA dalla comunità scientifica europea, per il suo interesse scientifico e per la sua fattibilità in soli cinque anni”, ricorda Barbara Negri, responsabile dell’Unità Esplorazione e Osservazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e advisor del Science Programme Board dell’ESA che ha selezionato la missione.

“La partecipazione italiana a CHEOPS pone definitivamente la nostra comunità al massimo livello internazionale in un settore di ricerca giovane, ma di alto impatto scientifico e di grande interesse per il pubblico” dice Giampaolo Piotto, dell’Università di Padova, membro del gruppo che ha proposto la missione all’ESA.

La partecipazione italiana a CHEOPS, la prima dell’ESA di classe S, ovvero piccola, che dovrebbe essere lanciata nel 2017, è assai significativa, sia dal punto di vista scientifico sia tecnologico. C’è infatti un nutrito gruppo di ricercatori INAF e dell’Università di Padova che segue progetti di ricerca e caratterizzazione di pianeti extrasolari, forti anche della recente entrata in funzione dello spettrografo HARPS-N installato al Telescopio Nazionale Galileo sulle Isole Canarie. Molti degli esopianeti che verranno scoperti in questo contesto saranno parte degli obiettivi di CHEOPS, creando così una forte sinergia tra i due strumenti. Sotto l’aspetto tecnologico, l’INAF supporterà l’ASI nella realizzazione degli specchi principale e secondario del telescopio di bordo, dello schermo che protegge il satellite e la sua strumentazione dalla radiazione solare e alla calibrazione del sistema di puntamento. Nel progetto sono coinvolti per l’INAF gli Osservatori Astrofisici di Catania e Torino, gli Osservatori Astronomici di Padova e Palermo e la Fondazione Galileo Galilei.

Partecipa inoltre l’Università di Padova. L’Agenzia Spaziale Italiana fornirà un contributo determinante alla missione, affidando all’industria italiana la realizzazione degli specchi, dello schermo e di parte del sistema di puntamento e supportando gli scienziati per le attività di loro responsabilità. La missione potrà inoltre contare sull’utilizzo del Centro ASI di Malindi come stazione di terra e sull’ASI Science Data Center (ASDC) come contributo alla riduzione e all’archiviazione dei dati.

Pianeti Extrasolari

La scoperta nel 1995 (Mayor e Queloz, Nature 1995) del primo pianeta gigante al di fuori del sistema solare, ha scatenato una vera e propria rivoluzione nel campo dell’astronomia. Le caratteristiche del tutto inaspettate di questo primo pianeta ha catturato l’immaginazione e l’interesse della comunità scientifica e dell’opinione pubblica allo stesso modo. Le agenzie spaziali hanno, da qual momento, ridisegnato le proprie strategie per puntare tutti i propri sforzi alla scoeprta di pianeti abitabili.
Oggi oltre 800 pianeti extrasolari sono stati confermati. Abbiamo imparato che i pianeti attorno alle stelle sono abbastanza comuni, e che le loro caratteristiche sono molto più diversificate di quanto originariamente previsto. Abbiamo anche assistito ai primi rilevamenti delle loro atmosfere negli ultimi anni. Misurare le caratteristiche dell’atmosfera di un pianeta extrasolare, magari a centinaia o migliaia di anni luce da noi, era infatti fino a pochi anni fa qualcosa che poteva essere letto solo sui libri di fantascienza. Oggi, sempre nuove tecniche e strumenti all’avanguardia  stanno aprendo la porta alla caratterizzazione reale dei pianeti extrasolari, non solo in termini di parametri fisici, ma anche in termini di abitabilità.
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