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Acidificazione degli oceani: la corsa contro il tempo delle ostriche per costruirsi il guscio

Notizie contrastanti giungono dall'ostricoltura in occasione del mese mondiale degli oceani

Scritto da Marta Gaia Sperandii il 17.06.2013

Mentre uno studio recentemente pubblicato prova che l’acidificazione degli oceani, uno dei diversi fenomeni con cui si manifesta il cambiamento climatico globale, inibisce la formazione del guscio delle ostriche, c’è la possibilità che alcuni interventi tecnici applicati agli incubatori migliorino i risultati degli allevamenti.

Il Nord-est del Pacifico, stando alla ricerca condotta da un’agenzia governativa degli Stati Uniti, ha incontrato negli ultimi anni grosse difficoltà nell’allevamento di questi preziosissimi bivalvi, riconducibili alla costante decrescita del valore del ph oceanico. Questo fenomeno, che si manifesta sotto forma di un aumento di anidride carbonica di origine antropica nelle acque marine, ha causato infatti un picco nella mortalità delle larve di ostriche, rendendone di fatto non più economicamente sostenibile la produzione.

Ostrica

Il diossido di carbonio sarebbe infatti responsabile, secondo gli scienziati della National Science Foundation, di alterare il processo di formazione del guscio delle ostriche rallentando lo sviluppo degli esemplari adulti e condizionando la sopravvivenza dei giovani. Alla radice, una reazione chimica delle più note: il carbonato di calcio, che è il principale componente del guscio di questi bivalvi e degli scheletri di molti altri organismi marini, ha la tendenza a dissolversi in soluzioni acide, secondo lo stesso principio che ci permette di pulire con prodotti adeguati le incrostazioni di calcare in casa.

La formazione del guscio è un processo biologico cruciale e molto delicato per le ostriche, che hanno a disposizione in questa fase tempo ed energia in quantità estremamente limitate. La conchiglia è infatti utilizzata come trappola per catturare il cibo, e chi non riesce a costruirla, non avendo strumenti per nutrirsi, va incontro a morte certa.

Le larve sfruttano a questo proposito l’energia derivante dall’uovo. L’alta percentuale di anidride carbonica disciolta nell’acqua però, rende l’intero processo molto dispendioso sotto il profilo energetico, compromettendone in certi casi l’esito. Diventa una corsa contro il tempo, e a queste condizioni in molte la perdono.

I risultati dello studio, condotto in un allevamento in Oregon, sono chiari: se al secondo giorno di vita l’intera popolazione di ostriche prese a campione risulta fare completamente affidamento sull’energia derivante dall’uovo, alcuni individui impiegano addirittura 11 giorni per essere energeticamente autonomi.

La ricerca condotta dalla NSF, prima nel suo genere a stabilire la relazione esistente tra problematiche nella formazione del guscio dei bivalvi e sensibilità alle acque acidificate, ha però messo in luce alcuni meccanismi di adattamento sviluppati dagli esemplari adulti. Tra questi l’uso di molecole organiche per facilitare la produzione di carbonato di calcio, la rimozione delle sostanze acide dai fluidi calcificanti tramite una sorta di “pompa” e dei rivestimenti esterni, a proteggere il guscio.

La soluzione proposta consisterebbe quindi in una serie di accorgimenti tecnici da apportare ai vivai, come ad esempio l’aggiunta di antiacidi alle acque in ingresso alle vasche, e la messa a punto di una dieta equilibrata che garantisca alle giovani ostriche riserve di energia più durevoli. 

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