Se lo scioglimento del ghiaccio artico è fenomeno ormai noto e quasi giornalmente discusso, poco si parla di quello che avviene agli antipodi, ovvero in Antartide, dove la superficie marina dei ghiacci è coinvolta in un processo di crescita attivo ormai dagli anni ’70, che proprio quest’anno, secondo gli ultimi dati, potrebbe raggiungere i massimi storici.
Ad affermarlo è un ricercatore dell’Università di Washington, Jinlun Zhang, secondo il quale l’intensificarsi dei venti polari giustificherebbe all’80% l’aumento della superficie ghiacciata nelle ultime tre decadi.
Sebbene apparentemente in contrasto con le conseguenze di un generalizzato riscaldamento globale, il trend non rappresenta una novità per gli scienziati, che da tempo si interrogano sulle possibili cause. In questa cornice si inserisce lo studio di Zhang, oceanografo nel laboratorio di Fisica applicata dell’Università di Washington, che considera all’origine del fenomeno l’azione di venti polari provenienti da Ovest. Questi, soffiando in maniera sempre più accentuata intorno al Polo Sud e producendo maggiore convergenza, darebbero origine a formazioni di ghiaccio più spesse e resistenti, esponendo così le acque circostanti ed i fini strati di ghiaccio all’influenza di rapidissime correnti d’aria che agirebbero a loro volta favorendo un ulteriore incremento della massa ghiacciata.
Secondo lo studio, basato su una complessa simulazione computerizzata che ha elaborato i dati dell’interazione tra venti e mare, la quantità di ghiaccio definito “spesso”, ossia di profondità poco inferiore ai 2 mt, è risultata crescere ad un tasso dell’1% annuo nel periodo compreso tra il 1979 ed il 2010, laddove invece lo strato “fine” è rimasto pressochè costante. A risultarne sarebbero quindi lastre sensibilmente più profonde, benchè solo leggermente più estese, ma decisamente più persistenti nel periodo estivo.
La ricerca, finanziata dalla National Science Foundation e di prossima pubblicazione sul Journal of Climate, sarebbe la prima, sostiene lo scienziato polare Axel Schweiger, a confermare la relazione tra azione dei venti ed aumento dei ghiacci marini antartici grazie all’utilizzo di un modello sperimentale.
Ancora da chiarire, però, le cause all’origine dell’intensificarsi dei venti in questa zona. Se infatti alcune teorie individuano il riscaldamento globale come principale responsabile, altre puntano l’obiettivo sull’assottigliamento dello strato di ozono nell’emisfero meridionale, mentre c’è poi chi sostiene l’ipotesi di naturali cicli di variabilità.
Altrettanto irrisolta è pure la questione intorno ai meccanismi che generano un comportamento talmente antitetico ai due poli. Secondo Zhang, sebbene l’aumento delle temperature superficiali colpisca entrambi gli emisferi, lo fa però con modalità diverse.
Il riscaldamento delle temperature di superficie, secondo lo scienziato, è in Artide fenomeno maggiormente accentuato ed uniforme; inoltre, laddove le acque del Nord sono raccolte in un bacino relativamente protetto, in Antartide i ghiacci galleggianti si trovano invece a fluttuare in oceano aperto, espandendosi in inverno e sciogliendosi quasi completamente in estate.
Certo è, che seppur rassicurante nel suo, l’aumento della superficie dei ghiacci marini in questa zona è voce assai piccola all’interno del bilancio globale, che di certo non può ambire a contrastare le continue perdite che si verificano nell’Emisfero Settentrionale .
La ricerca nel frattempo continua, per mettere a punto modelli in grado di rappresentare il fenomeno in maniera ancora più precisa, col fine ultimo di effettuare previsioni sul lungo periodo.