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Il calore ‘archiviato’ sotto l’Artico, una minaccia per il ghiaccio della regione

Scritto da Leonardo Debbia il 10.09.2018

Non passa giorno che non si apprendano novità sulle conseguenze del riscaldamento globale; e non si tratta mai, purtroppo, di notizie positive!

Qualche studioso e molti politici, fino a qualche tempo fa, insinuavano il sospetto che tutto questo gran parlare di ‘Global warming’ fosse solo un esagerato allarmismo di esagitati ambientalisti.

Purtroppo, le varie conferenze sul clima, (Doha, Parigi) non sono riuscite a raggiungere le soluzioni suggerite dagli addetti ai lavori, prendendo atto e continuando comunque ad aggiornarsi e a rimandare.

Intanto, le aree verdi diminuiscono, così come centinaia di specie animali e vegetali, le precipitazioni sono sempre più variabili, i ghiacciai montani spariscono, i climi cambiano e le regioni polari sono fonti di preoccupazione.

 

E a proposito dell’Artico, un recente studio ha rilevato ora che il ghiaccio marino non è più minacciato soltanto dalla fusione dei ghiacci lungo i bordi della calotta glaciale. L’acqua più calda, proveniente da centinaia di chilometri di distanza, sarebbe ora scesa in profondità, al di sotto della calotta artica.

Questo calore, per il momento ‘archiviato‘ o – per meglio dire – intrappolato sotto la superficie ghiacciata, qualora risalisse fino agli strati più esterni, avrebbe la possibilità, potenzialmente, di sciogliere l’intera copertura di ghiaccio marino che copre la regione.

I risultati di questo studio sono stati pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista Science Advances.

“Siamo riusciti a documentare un sorprendente riscaldamento delle acque in uno dei principali bacini dell’Oceano Artico, il bacino canadese”, afferma l’autrice principale, Mary-Louise Timmermans, docente di Geologia e Geofisica all’Università di Yale, la cui ricerca è stata coadiuvata da John Toole e Richard Krishfield, scienziati della Woods Hole Oceanographics Institution (WHOI), la più grande istituzione di ricerca oceanografica degli Stati Uniti.

Le acque un po’ più profonde del bacino canadese – secondo i ricercatori – hanno registrato una quantità di calore che è raddoppiata negli ultimi 30 anni; e l’origine di questo aumento è stata individuata centinaia di miglia a sud, dove la riduzione del ghiaccio marino ha lasciato più esposta al riscaldamento solare estivo la superficie dell’Oceano.

A questo innalzamento hanno contribuito, per di più, anche i venti artici, che hanno convogliato un’enorme quantità d’acqua calda a nord, per mezzo di correnti subacquee che fluiscono appena al di sotto della superficie del mare, dirette verso i Poli.

“Questo, in altri termini, significa che gli effetti della perdita di ghiaccio marino non sono circoscritti alle sole regioni ghiacciate, ma portano anche ad un maggior accumulo di calore all’interno dell’Oceano Artico, che può produrre effetti climatici ben oltre la stagione estiva”, sostiene Timmermans. “Attualmente, questo calore è intrappolato sotto la superficie del mare, ma se riuscirà a raggiungere le acque superficiali, apporterà calore sufficiente a sciogliere completamente lo strato di ghiaccio che copre l’intera regione per la maggior parte dell’anno”.

Si trattta, come si può ben capire, di una vera e propria bomba ambientale pronta ad esplodere, con le conseguenze che si possono solo immaginare, ma di cui l’umanità farebbe volentieri a meno.

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