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Cambiamenti climatici dieci volte più veloci che nei passati 65 milioni di anni

Scritto da Leonardo Debbia il 05.08.2013

Il pianeta sta subendo uno dei più grandi cambiamenti climatici dall’estinzione dei dinosauri. 

Ma quello che è più preoccupante per gli esseri umani, piante e animali è la velocità di questi cambiamenti.

I climatologi dell’Università di Stanford, California, avvertono che probabilmente i cambiamenti climatici nel prossimo secolo saranno almeno dieci volte più veloci di quelli avvenuti in 65 milioni di anni.  

Orso polare 

Se questa tendenza continuerà con il ritmo attuale, molte specie saranno costrette ad adattamenti comportamentali, evolutivi e geografici per sopravvivere, se non saranno prese opportune iniziative di risposta degli esseri umani.

I risultati, pubblicati recentemente sulla rivista Science, provengono da una ricerca di Noah Diffenbaugh, professore di Scienze ambientali e del collega Chris Field, che è anche professore di biologia e Direttore del Dipartimento di Ecologia Globale presso la Carnegie Institution

Diffenbaugh e Field, incaricati dall’Istituto Stanford Woods per l’Ambiente, hanno riveduto la letteratura scientifica sui cambiamenti climatici che influenzano gli ecosistemi ed hanno confrontato le recenti osservazioni con le prospezioni per il prossimo secolo e gli eventi passati della storia della Terra.

Il pianeta ha subìto un grado di aumento della temperatura media 520mila anni fa, quando terminò l’ultima glaciazione: un cambiamento paragonabile alla temperatura finale che le proiezioni prevedono risulterà dal riscaldamento dei secoli 20° e 21°.

20mila anni fa, la coltre di ghiaccio che copriva gran parte del Nord America si ritirò verso  Nord; e le piante e gli animali ricolonizzarono le aree abbandonate dai ghiacci. 

Se continuerà il riscaldamento dell’atmosfera, piante e animali continueranno a spostarsi verso Nord, verso climi più freddi.

“I cambiamenti del passato mostrano che gli ecosistemi hanno risposto a due gradi di aumento della temperatura media globale in un arco di migliaia di anni”, dice Diffenbaugh. “La velocità attuale restringe questo “arco” a qualche decennio, un ordine di grandezza troppo veloce e molte specie sono minacciate”.

“Riguardo ai livelli di CO2 atmosferica, l’attuale è paragonabile a quello di 55 milioni di anni fa, quando l’Artico rimaneva senza ghiaccio estivo e le terre vicine erano sufficientemente calde da ospitare alligatori e palme”.

“Esistono due differenze fondamentali fra gli ecosistemi futuri e quelli passati”, afferma Diffenbaugh . “La  prima è la velocità elevata del cambiamento; l’altra è che oggi esistono molteplici fattori di stress umani che mancavano 55 milioni di anni fa, quali l’urbanizzazione e l’inquinamento di aria e acque”.

Gli eventi meteorologici estremi, quali ondate di calore e precipitazioni abbondanti, diventeranno più intensi e più frequenti.

I ricercatori hanno osservato che le continue emissioni di gas-serra faranno aumentare di 2-4 gradi le temperature annuali in Nord America, Europa ed Asia nel ventennio 2046-2065.

L’estate più calda degli ultimi 20 anni si ripeterà ogni due anni.

Continuando le attuali emissioni, le temperature dell’emisfero nord saliranno di 5-6 gradi e l’estate più calda diventerà una norma.

Le proiezioni di spostamenti della flora e della fauna prevedono movimenti di un chilometro all’anno verso nord o verso zone più elevate sulle montagne.

Le variabili in gioco sono molte. 

Esistono 2,5 miliardi di persone che, non avendo accesso alle moderne risorse energetiche,  sono alle prese con illuminazione carente, carestie, trasporti limitati; e quindi maggiore vulnerabilità di fronte ai fenomeni climatici estremi. 

Un maggior accesso all’energia ne migliorerà le condizioni di vita, ma aumenterà i consumi globali, accelerando il riscaldamento.

“L’escalation delle temperature condizionerà gli ecosistemi”, avverte Diffenbaugh. “Tuttavia, i modelli previsionali dicono anche che le opportunità per ridurre i rischi ci sono, garantendo peraltro l’accesso ai benefici dei consumi energetici”.

In altri termini, l’uomo è responsabile del destino del pianeta.

 

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