Si tratta delle nubi più alte della nostra atmosfera e sono chiamate anche nubi ‘polari mesosferiche’, in riferimento ai luoghi da cui si possono ammirare e alla fascia atmosferica della ‘mesosfera’ in cui hanno origine.
Conosciute finora come fenomeni notturni tipici delle regioni circumpolari, durante il secolo scorso nubi nottilucenti hanno iniziato a manifestarsi a latitudini sempre più basse, tra il 50° e il 40° parallelo dell’emisfero boreale, inducendo gli scienziati a chiedersi il motivo di questo andamento, soprattutto se fosse da mettere in relazione con il clima e i suoi cambiamenti.
Nubi nottilucenti sulla Scozia (crediti: Adrian Maricic)
Una missione della NASA chiamata ‘Aeronemia del Ghiaccio nella Mesosfera’ o AIM, uno studio, cioè, delle leggi che regolano i fenomeni atmosferici al di sopra dei 30 chilometri di altitudine, è stato iniziato nel 2007 per osservare meglio le nubi nottilucenti. Solo che attualmente le immagini trasmesse si riferiscono solo all’area in vicinanza dei Poli.
I climatologi si sono avvalsi quindi di altre missioni, combinando i dati ricevuti da satellite con simulazioni al computer, per confermare se la presenza di queste formazioni luminescenti abbia realmente cambiato posizione, stabilendosi in zone attorno ai 40-50 gradi di latitudine nord, una regione che copre un terzo della parte settentrionale degli Stati Uniti e le parti più meridionali del Canada.
La ricerca è stata pubblicata un paio di settimane fa sul Journal of Geophysical Research: Atmosphere.
“Le nubi nottilucenti si formano ad altitudini di 75-85 chilometri, abbastanza elevata da poter riflettere la luce solare sulla Terra”, dice James Russell, studioso dell’atmosfera e dei pianeti presso l’Hampton University di Hampton, Virginia, e autore principale dello studio. “La missione AIM ed altre ricerche correlate hanno dimostrato che per la formazione delle nuvole sono necessarie tre condizioni: temperature molto fredde, vapore acqueo e polvere meteorica. La polvere meteorica costituisce, infatti, un insieme ideale di nuclei di aggregazione per le particelle di vapore acqueo, fin quando le basse temperature non ne provochino il congelamento”.
Per studiare i cambiamenti delle nubi nottilucenti sul lungo termine, Russell e il suo team hanno esaminato le temperature dell’aria e i valori di vapore acqueo atmosferico su un determinato arco di tempo, utilizzando poi un modello per tradurre questi dati in informazioni sulla formazione delle nubi. I dati delle temperature sono riferiti al periodo 2002-2011, mentre i dati sul vapore acqueo riguardano il periodo 2005-2011, tutti comunque basati su rilevamenti della NASA.
Il team ha testato il modello ricostruito confrontando le proprie elaborazioni con le osservazioni di due strumentazioni diverse; una dallo spazio, con lo strumento Osiris, posto sul satellite svedese Odin, lanciato nel 2001, e l’altra osservazione fatta da Terra con i dati della missione SHIMMER del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che ha osservato le nubi nottilucenti in vari periodi di tempo durante i voli di ricognizione. I risultati della comparazione sono stati soddisfacenti.
Il modello ha mostrato che la presenza delle nubi nottilucenti era effettivamente aumentata nel periodo 2002-2011. Questi cambiamenti sono correlati – secondo gli studiosi – ad una diminuzione delle temperature dell’aria che raggiungono i loro minimi proprio alle altitudini atmosferiche in cui sono visibili le nubi. Le temperature a queste altezze non corrispondono invece alle temperature dei livelli atmosferici più bassi, che risultano più caldi durante l’estate al di sopra delle regioni polari.
Tutto questo fa nascere delle domande sul cambiamento del sistema climatico globale.
Russell e il suo team hanno in programma ulteriori ricerche per determinare se l’aumento di frequenza delle nubi nottilucenti e la riduzione della temperatura nel corso del decennio osservato siano da porre in relazione ad una riduzione dell’energia e del calore solare che si sono verificati nel passaggio dal massimo solare nel 2002 al minimo nel 2009.
“Quando il Sole va verso un suo minimo solare, il riscaldamento dell’atmosfera diminuisce e ci si aspetta una tendenza al raffreddamento”, spiega Russell.