Dalla Croazia all’Italia. Una terra, anzi un mare di mezzo. Le ricerche per l’oro nero pare stiano facendo fuggire i delfini dall’Adriatico, infastiditi dal rumore. Ne sanno qualcosa Ong e associazioni ambientaliste che si stanno adoperando per la causa, coma Vivamar, Blue World Institute of Marine Research and Conservation e altre che si battono per il silenzio in mare.
Si sa da giorni che la nave norvegese della Spectrum sta facendo il giro del mar Adriatico, muovendosi in particolare lungo le coste croate, alla ricerca di giacimenti di idrocarburi, come greggio e metano. Ciò che forse è meno noto è il rumore che queste ricerche stanno facendo: rumore mediatico, ma anche rumore reale. Ben più forti di quelli prodotti da un motore jet in fase di decollo sarebbero, secondo gli esperti, le emissioni di suoni prodotti dalla compagnia norvegese, che sparerebbero ogni dieci secondi un muro di onde sonore che spesso supera i 250 decibel. Come riportato da Green Report, Draško Holcer, presidente del Blue World Institute of Marine Research and Conservation, dice che le specie ittiche più a rischio per le attività della Spectrum sarebbero i delfini e le balene che possono percepire le onde sonore anche a chilometri di distanza: onde di tale intensità danneggerebbero il loro sistema uditivo provocando lesioni ed emorragie e, a lungo andare, la loro fuga dall’habitat. Ma non di sole balene e delfini si parla.
Per parte sua anche l’Ue si è espressa, con il portavoce all’ambiente, il commissario Janez Potočnik “Gli operatori devono rispettare le disposizioni delle direttive Uccelli e Habitat, sotto la responsabilità dell’autorità competente croata. Gli Stati membri devono adottare provvedimenti che vietino di perturbare deliberatamente le specie marine rigorosamente tutelate come i cetacei e le tartarughe marine, in conformità della direttiva Habitat”. Questo mette in guardia le autorità competenti di Italia e Croazia: se le disposizioni sull’habitat, incluse quelle riguardanti il mare e l’inquinamento acustico, non verranno rispettate, i paesi saranno a rischio sanzione.
Sull’argomento abbiamo sentito l’esperta Darja Ribarič, presidente della società Vivamar, creata per lo sviluppo sostenibile del mare. Vivamar è appunto una piccola Ong no profit che si occupa di ambiente marino, in particolare ora sta lavorando alla conservazione e protezione dei delfini “Bottlenose”, ovvero tursiopi o “delfini dal naso a bottiglia”, che si trovano tra l’ovest dell’Istria e la parte orientale del Golfo di Trieste.
“Non ci sono dati reali al momento che possano dimostrare quanto nella zona ovest dell’Istria le ricerche sismiche possano influenzare il movimento dei delfini. Il problema è che ora siamo in inverno e non si sono fatte molte osservazioni attive sul territorio riguardo a ciò che sta accadendo. Io ho avuto informazioni da alcune persone che vivono nell’ovest dell’Istria e che vanno fuori a pescare regolarmente relativamente al fatto che i delfini non si vedono già da un po’ in zona. Ma dovrebbe essere sistematicamente osservato il tutto, per poter affermare con certezza una cosa simile”.
Come comunica la Ribarič, si può anche immaginare che il fastidioso rumore possa determinare il fatto che gli animali evitino di andare in quell’area e che lo stesso abbia su di loro un impatto negativo. Quanto possa essere effettivamente dannoso, ancora non lo si può verificare. Alcuni report passati riguardano infatti le tartarughe Caretta Caretta, per cui, unitamente ai rumori, vi sono state anche di altre cause (morbilivirus) relative alla loro moria, ma questo deve essere ancora confermato dagli scienziati italiani. Alcuni studi dimostrano che non solo i grandi predatori, come i delfini, stanno evitando quest’area, ma anche i pesci. I pescatori hanno notato che la pesca è meno ricca nelle aree in cui si svolgono ricerche sismiche, con una diminuzione anche maggiore del 70%.
Il meccanismo stesso di ricerca del cibo è, per il delfino, molto delicato. I delfini cercano infatti il loro cibo con gli ultrasuoni. Se le loro orecchie sono danneggiate, non possono trovare più cibo, quindi muoiono. I pesci hanno questo chiamato orecchio interno che contiene l’organo vestibulare, organo che li aiuta a mantenere l’equilibrio. L’altro organo a rischio, altrettanto sensibile al suono, è laterale, il meccanoricettore, con cui possono sentire tipi di suono davvero molto forti.
Lo spiega bene il messaggio informativo divulgato da Oceancare “Drowning in sound“, “Annegando nel suono”, che fa appello all’azione internazionale per proteggere le risorse dell’ambiente marino. L’informativa dice che i livelli dei rumori in ambiente marino generati dall’uomo stiano crescendo, raddoppiati ogni dieci anni, negli ultimi 60anni. Questo fatto rappresenta una notevole minaccia per mammiferi, pesci e altri organismi marini, non solo per il cibo, ma anche per comunicare tra loro. La cosa peggiore è che il rumore può “lavorare” sinergicamente in modo cumulativo con altri tipi di minacce ambientali. Per esempio può mascherare il segnale che usano gli animali per evitare le navi o per non finire intrappolati negli ingranaggi della pesca. Questo, indirettamente, può diventare una perdita per l’industria stessa della pesca.
Quindi sarebbe opportuno chiedere ai pescatori dell’Istria, ma anche della costa della Croazia, dove sono stati fatti i lavori, se vi sono effettivamente meno esiti positivi nella pesca. Generalmente, dopo un po’ di tempo, i pesci tornano, seguiti dai delfini. Ma quanto tempo ci vuole ora per tornare allo stato normale delle cose e quanti danni sono stati fatti? Si tratta di una domanda che trova risposta nell’ osservazione costante, nel monitoraggio attivo, affichè si possa arrivare a un’esatta conclusione.
Le specie più minacciate, come riporta ancora l’informativa, sono: il merluzzo e simili, l’eglefino, l’anguilla, l’aringa, tra gli altri. Anche i tonni pinna gialla sarebbero minacciati nei loro comportamenti in acqua e nelle migrazioni. A livello fisico aumentano gli ormoni dello stress in parecchi tipi di pesci e potrebbero prodursi alterazioni genetiche nel cervello, così come problemi cardiaci dovuti all’esposizione al rumore. Il lungo messaggio termina con una parte in cui si spiega cosa si potrebbe fare e le azioni necessarie per arginare e controllare tutti quei fattori che causano rumore, che non sono solo le ricerche sismiche. Si tratta di un’allerta lanciata da più di 150 Ong del Pianeta, rappresentate da ECSO, European Coalition for Silent Oceans; Latin American Ocean Noise Coalition; North American Ocean Noise Coalition; Pacific Region Ocean Noise Coalition, raccolte nel sito Oceannoisecoalition.ong.
“Sicuramente, una cosa non buona per lo stato Croato è stata quella di non aver fatto alcuna valutazione di impatto ambientale (EIA) e di aver dato così facilmente alle navi norvegesi il permesso per le ricerche sismiche”, conclude la presidente Ribarič.