L’estinzione delle specie è in relazione con la pressione socio-economica. A dirlo è una ricerca condotta da ricercatori austriaci che ha messo in relazione la presenza di specie minacciate con i livelli di pressione antropica. Lo studio ha inoltre evidenziato che se oggi, dal 20 al 40% delle specie vegetali e animali presenti in 20 paesi europei sono in via di estinzione, siccome esiste una sorta di “effetto ritardato” della pressione antropica, staremmo di fatto gravemente sottovalutando il rischio di perdita di biodiversità.
Trifolium saxatile -(Copyright: Stefan Dullinger)
Stefan Dullinger dell’Università di Vienna e Franz Essl dell’Agenzia dell’Ambiente austriaco insieme ad un gruppo internazionale di ricercatori hanno basato il loro studio su dati provenienti da 7 gruppi tassonomici in 22 paesi europei. La ricerca dimostra che alla fine del 20esimo secolo la presenza di specie minacciate è più direttamente correlata con i livelli di pressione socio economica rispetto all’inizio del secolo. I risultati sono pubblicati sulla rivista PNAS.
E’ ormai chiara la relazione fra attività umane, come inquinamento, distruzione di habitat o l’introduzione di specie aliene, e estinzione delle specie. L’ultima stima sulla Lista Rossa dell’IUCN classifica come minacciate il 31% delle specie a rischio estinzione. Ma nessuno aveva finora esplorato questo rapporto causa effetto su una scala temporale. Infatti se gli effetti della pressione antropica si verificassero con un ritardo sarebbe possibile ipotizzare che gli effetti della pressione attuale saranno evidenti solo fra qualche decina di anni.
E secondo i ricercatori questi tempi di azione delle cause sarebbero veramente lunghi. Grazie ai dati raccolti hanno potuto dimostrare che una grande varietà di specie arrivano ad essere minacciate quando già sotto pressione da attività antropica. Fra gli indicatori utilizzati dai ricercatori la densità di popolazione, il PIL, lo sfruttamento del territorio. I dati sono stati analizzati all’inizio, a metà e alla fine del 20esimo secolo.
In un’analisi collegata a questa i ricercatori dimostrano anche che gli attuali finanziamenti e le relative azioni di conservazione hanno un debole effetto di mitigazione. In altre parole, anche se le azioni sono efficaci, non lo sono proporzionalmente se si considera l’effetto dell’attuale pressione antropica, e la conseguenza è che non si riuscirà a fermare l’estinzione delle specie.
“L’ampia copertura tassonomia e geografica indica che il cosiddetto ‘debito di estinzione’ è un fenomeno molto diffuso”, afferma Stefan Dullinger dell’Università di Vienna. “Questa inerzia è preoccupante in quanto implica che anche se il numero di specie classificate come minacciate dalla Lista Rossa sono in continua crescita in tutto il mondo, queste valutazioni potrebbero ancora sottovalutare i veri rischi di estinzione”, spiega Franz Essl dell’Agenzia dell’Ambiente austriaca.
Onosma helvetica (Copyright: Franz Essl)
Pertanto, gli scienziati scrivono che i “mitigare i rischi di estinzione potrebbe essere una sfida ancora maggiore se il ritardo temporale implica che molte specie minacciate potrebbero già essere destinate all’estinzione”. Inoltre gli scienziati ipotizzano che se si sottovaluta l’entità della attuale crisi di estinzione e non si tiene conto dei ritardi temporali fronteggiare il rischio di estinzione sarà ancora più difficile.
Per questo, se vogliamo preservare la biodiversità in futuro, secondo Dullinger, è necessario che gli sforzi di conservazione aumentino.